L'Opera di Firenze ha aperto la Stagione 2016/2017 nel
migliore dei modi, con due bellissimi titoli del belcanto italiano, di cui uno
di raro, con compagnie di artisti di alto livello e un mini festival dedicato
proprio allo stile di canto del primo Ottocento.
Rosmonda d'Inghilterra, riesumata dal suo lungo e
ingiustificato oblio solo negli anni Settanta a Londra e Belfast per poi
ricomparire un ventennio più tardi in una registrazione di Opera Rara, è stata
oggetto di una revisione critica sull'autografo a cura di Alberto
Sonzogni per la Fondazione Donizetti di Bergamo ed è
eseguita a Firenze per la prima volta in Italia in tempi moderni e sarà
rappresentata in forma scenica a fine novembre proprio sul palcoscenico
bergamasco in occasione del Festival dedicato al compositore.
Nel capoluogo toscano si è potuto godere in anteprima della bellissima musica
drammatica donizettiana ed è stato un grande successo sotto ogni punto di vista.
L'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino è in forma
smagliante. Suoni puliti, saldi dove occorre, delicati nei momenti più patetici,
precisi ad ogni attacco.
Sul podio è Sebastiano Rolli, un affezionato del repertorio
di Donizetti, di cui va premiato lo stile. Volendo cercare il
pelo nell'uovo si sarebbe preferita qualche marcatura d'accento in più. Sempre
eccellente il Coro preparato da Lorenzo Fratini,
soprattutto nella pagina affidata al solo comparto maschile che precede il
finale secondo: “Ecco gl'antichi platani”.
Protagonista è Jessica Pratt, certamente una delle migliori
interpreti del belcanto italiano di questo momento. La sua Rosmonda è
speranzosa, poi disperata, affranta ed infine rassegnata. Le note sono
deliziose, fino ai temibili sovracuti. La parte le sta a pennello e
riprendendola tra poco più di un mese le permetterà di aggiungere ulteriori
sfumature.
Seconda donna, che in quest'opera ha il compito di concludere il dramma, è la
Leonora di Eva Mei, regina nel personaggio e regina
indiscussa del belcanto. Lo stile è raffinatissimo, la classe è impagabile, la
linea di canto sempre uniforme, anche nei fraseggi più complessi dove forse si
sarebbe preferita una vocalità più ampia e corposa. Ma a parte ciò la sua è una
lezione di metodo e di dedizione allo studio.
Michael Spyres è un Enrico II davvero
efficacissimo. La sua vocalità da baritenore gli permette un'estensione che
all'ascolto è davvero piacevole, poiché molto omogeneo anche nell'emissione, che
non perde mai di volume nelle note basse, né necessita di essere spinta vero
l'alto. È dunque fluido, limpido e squillante, in grado di produrre colori e
pianissimi davvero emozionanti.
Clifford è Nicola Ulivieri, altro grande interprete
del belcanto italiano, che qui riconferma l'eleganza del suo stile, l'eloquenza
del suo fraseggio, la capacità d'accento, l'ottimo uso dei cromatismi.
Raffaella Lupinacci veste i panni di un Arturo
servizievole e innamorato. Della sua vocalità, oltre al bel timbro, colpiscono i
suoni sempre pulitissimi e la particolare uniformità della linea di canto.
Grande successo per tutti al termine del concerto, con numerose e meritate
chiamate alla ribalta.
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