Come di consueto il Teatro Municipale di Piacenza inaugura
la nuova stagione con una produzione realizzata nell'ambito del Progetto
Opera Laboratorio.
Il celebre baritono Leo Nucci è sempre il capitano della
grande squadra e in questa occasione si cimenta con la regia di Un ballo
in maschera di Giuseppe Verdi, che risulta essere
davvero deliziosa. È molto classica, didascalica, ma viva e intensa, ricca di
emozioni soprattutto nei gesti e negli sguardi. Con la collaborazione di
Salvo Piro, le belle scene di Carlo Centolavigna e i
curatissimi costumi di Artemio Cabassi, Leo Nucci crea dei
momenti davvero suggestivi, come la scena nell'antro di Ulrica e
l'intero atto de “l'orrido campo”, la cui atmosfera è ulteriormente
impreziosita dalle luci significative di Claudio Schmid.
Purtroppo il palcoscenico piacentino funziona ancora a chiodi e martello e lo
spettacolo prevede tre pause, con grande disappunto di molti intervenuti.
L'ambito musicale è meno convincente. Donato Renzetti sembra
avere perso la precisione di un tempo. Non è la prima volta che dà questa
impressione e non è chiaro se si tratta di un segno di stanchezza o di troppo
lavoro. Resta sempre uno dei migliori direttori verdiani nelle pagine in cui
bisogna dare, come nei concertati che chiudono la prima e la seconda scena di
primo atto, ma nei momenti più sottili, ad esempio il preludio, si sentono tutti
i difetti. E così l'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini parte con dei suoni
abbastanza spiacevoli, per poi migliorare lungo la serata. È invece sempre
eccellente il Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato da
Corrado Casati.
Il protagonista è Vincenzo Costanzo e l'impressione che si
ha è sempre la medesima, senza alcun segno di miglioramento negli ultimi mesi.
Voce naturalmente bellissima, colore e timbro caldi e piacevoli, ma tecnicamente
non sicuro, poco consistente nei centri e affaticato nella zona più bassa. C'è
qualche bell'acuto, ma sembra essere messo lì da solo, al di fuori di una linea
di canto, che è pressoché assente.
Amelia è Susanna Branchini, che dimostra grande
volontà nel voler tenere a bada la sua voce particolarmente stentorea, ma
riuscendovi solo a tratti. Vengono così a mancare quasi tutti i piani e le
sfumature della primadonna verdiana. Si notano miglioramenti, rispetto al
passato, nell'appoggio e nell'intonazione.
Renato è interpretato da Mansoo Kim, sempre
squillante, ma in questa occasione appare un poco insicuro e in alcuni momenti
addirittura calante. Considerando i buoni risultati degli ultimi tempi potrebbe
essere un'indisposizione temporanea.
Paola Leoci è un Oscar frizzante al punto giusto.
La vocalità leggera è ben adoperata e le incertezze iniziali, forse imputabili
all'emozione, poi scompaiono col procedere della recita.
Ulrica è Agostina Smimmero, mezzosoprano dal timbro
davvero interessante, soprattutto si riscontra una base solida nell'intonazione
e ogni nota è emessa senza alcuna difficoltà. Purtroppo è molto disomogenea e
grossolana, con una dizione incomprensibile. Lo strumento sembra essere ottimo
pertanto, messa nelle mani di un buon insegnate, otterrebbe certamente i giusti
risultati.
Efficaci e adeguati i personaggi di contorno: il Silvano di
Giovanni Tiralongo, il Samuel di Mariano Buccino,
il Tom di Cristian Saitta e il giudice e
servo di Amelia di Raffaele Feo.
Scroscianti applausi al termine della recita da parte del pubblico piacentino
che decreta il successo dell'inaugurazione.
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