L'ultima rappresentazione de Il turco in Italia
è sicuramente la meglio riuscita rispetto alle precedenti, continuamente oggetto
di critiche piuttosto sentite, anche sui social network.
Il nuovo allestimento curato da Davide Livermore,
che si presenta come una sorta di compagno di pellicola di Ciro in
Babilonia, si rifà al mondo di Federico Fellini e la
resa della fotografia - per dirla in termini cinematografici - è assolutamente
vincente, pur avvalendosi di scenografia modesta, complici soprattutto i
pregevoli costumi di Gianluca Falaschi e le luci suggestive di
Nicolas Bovey.
Buono anche il rendimento della recitazione e delle
gestualità, ma solo se considerato separatamente scena per scena, mentre
valutato nel complesso della vicenda appare decisamente poco frizzante, tenuto
conto anche dei numerosi tagli apportati ai recitativi.
Speranza Scappucci debutta sul podio del
ROF e dà sicuramente prova di ottima professionalità, ma compie un passo più
lungo della gamba. Innanzitutto è doppiamente impegnata, poiché sorregge la
bacchetta e siede al fortepiano. Inoltre la sua visione del Turco denota poco
mordente e una certa mancanza d'accento. Sicuramente complice è la carenza di
precisione da parte dell'Orchestra Filarmonica Gioachino Rossini,
che comunque dà segni di miglioramento rispetto a precedenti edizioni.
Poco più che sufficiente la prova del Coro del
Teatro della Fortuna M. Agostini diretto da Mirca Rosciani.
Erwin Schrott, anch'egli debuttante sul
palcoscenico pesarese, non è certo interprete rossiniano di riferimento, ma è
artista a tutto tondo dotato di una voce naturalmente bella, ben timbrata,
eccellente nella rotondità del suono, tale per cui ben poco conta lo stile,
sapientemente celato dietro a una somma eleganza. Pertanto il suo Selim
ha il valore aggiunto di una vocalità che corre e che sa molto bene cosa
significhi recitar cantando.
Olga Peretyatko, bersaglio principale
delle molte critiche nelle recite precedenti, durante l'ultima rappresentazione
dimostra di possedere una grande professionalità e una tecnica ferrata. La brava
cantante decide di attenersi molto allo spartito originale di Fiorilla,
eliminando tutte quelle variazioni nel settore acuto e sovracuto che sempre
hanno contraddistinto le sue performance rossiniane - e per cui tutto il
pubblico la attendeva - dando prova di grande intelligenza musicale, seppur
deludendo chi si aspettava tante note alte. Ottimi i duetti con Geronio
e Selim.
Nicola Alaimo è sempre artista eccellente,
ma il suo Geronio, rapportato ad altre sue interpretazioni, è
abbastanza modesto, come se stesse risparmiando voce ed energie.
René Barbera, nella parte di Narciso,
mostra le medesime perplessità dello scorso anno, con agilità poco sgranate,
note basse precarie, acuti molto spinti.
Eccellente il Prosdocimo di Pietro
Spagnoli, che torna a Pesaro dopo molti anni di assenza. Il fraseggio e
l'intenzione rossiniana sono sopraffini, eloquenti e ben cesellati, sicuramente
significativi e da considerarsi come lezione di canto.
Ottima la prova di Alice Molinari nel
ruolo di Zaida e molto efficace l'Albazar di Pietro
Adaini.
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