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Recensione opera La donna del lago di Gioachino Rossini al Rossini Opera Festival

William Fratti, 22/09/2016

In breve:
Pesaro - Recensione dell'opera lirica "La donna del lago" di Gioachino Rossini in scena al Rossini Opera Festival di Pesaro il 17 agosto 2016.


La prima opera romantica di Gioachino Rossini compie trentacinque incantevoli e vivissimi anni. Scomparsa dalle scene troppo presto all'epoca della sua composizione, ha ritrovato nuova vita “nella bellezza della sua originaria foggia, a Pesaro, il 16 settembre 1981, per la regia di Gae Aulenti e sotto la direzione musicale di Maurizio Pollini” con protagonisti: Lella Cuberli/ Elena, Philip Langridge/ Giacomo V, Martine Dupuy/ Malcom, David Kuebler/ Rodrigo.

Da allora questo titolo è stato regolarmente messo in cartellone nei teatri più importanti del mondo, anche se non così spesso come si meriterebbe, entrando a far parte delle grandi opere serie rossiniane.

Protagonista indiscusso di questa nuova produzione del ROF è Juan Diego Florez che torna ad interpretare il ruolo di Giacomo, uno dei suoi cavalli di battaglia, proprio in occasione del suo ventennale. È davvero difficile commentare una performance così intrisa di grazia, dove la classe lascia spazio solo alla passione, ad un fraseggio intriso di ardore, che mai abbandona lo stile del compositore. Tutto è al suo posto, dalla nota più alta a quella più bassa, dai filati raffinati della cavatina ai Do infuocati del terzetto.

Lo accompagna un collega molto amato a Pesaro, soprattutto nelle parti bari tenorili: Michael Spyres è un ottimo Rodrigo ed entra in scena dispiegando perfettamente i suoi 10 minuti di terrore che altrimenti potrebbero essere fatti cantare da un contralto, un tenore e un basso. La sua linea di canto rossiniana è precisa tecnicamente come pure l'interpretazione. Il terzetto che comprende “il furibondo duello, condotto a suon di Do sovracuti” è una delle pagine più appassionanti della serata.

Altra positiva riconferma è la bravissima Varduhi Abrahamyan, eccellente belcantista che veste i panni di Malcom al suoi debutto al ROF. L'uso delle colorature e dei fraseggi rossiniani è davvero pregevole, il tutto impreziosito da un timbro particolarmente brunito. L'aria di secondo atto è sinceramente toccante e d'effetto.

Molto buona anche l'interpretazione di Marko Mimica nelle vesta di Duglas, decisamente più a suo agio che nel ruolo di Gottardo ne La gazza ladra della scorsa edizione. Adeguate pure le parti di contorno, con l'Albina di Ruth Iniesta e Serano/Bertram di Francisco Brito.

Menzione a parte merita la protagonista Salome Jicia, plasmata e preparata ad hoc dal ROF per il debutto in questo ruolo particolarmente complesso. Già ai tempi della sua prima apparizione in Italia la soprano georgiana si presentava tecnicamente molto forte e indubbiamente Rossini le è entrato nell'anima e nelle corde grazie all'Accademia pesarese, con la conseguente partecipazione a Il viaggio a Reims, nonché il debutto in Semiramide sotto la guida di Albert Zedda. E a tale proposito occorre esprimersi in sincere approvazioni riguardo alla riuscita del rondò finale, momento intenso in cui sa catturare l'attenzione dalla prima all'ultima nota, tutte eseguite in maniera più che corretta. Per il resto è però da segnalare un certa durezza nella sua vocalità, che talvolta sfocia nell'asprezza e nella secchezza. Inoltre l'interpretazione, che necessiterebbe di un certo fare romantico intriso di metafore e astrazioni, non è delle più riuscite, risultando a tratti un poco monotona.

Ad individuare magistralmente i caratteri ambigui, fantasiosi, indeterminati, ma allo stesso tempo fortemente circoscritti dalla storia e dalla mente umana, è lo spettacolo di Damiano Michieletto che produce una delle sue migliori trasposizioni, mettendo al centro della vicenda la vecchia Elena - magnificamente interpretata da Giusi Merli, accompagnata dal vecchio Malcom di Alessandro Baldinotti - che dopo tanti anni si trova ancora interiormente divisa dall'amore per Giacomo e Malcom, cui si aggiunge anche il ricordo di Rodrigo.

Superlative le scene di Paolo Fantin, azzeccatissimi i costumi di Klaus Bruns, efficacissime le luci di Alessandro Carletti.

L'esecuzione musicale perfetta la si deve alla bacchetta di Michele Mariotti, che in più di un'occasione e sui palcoscenici di tutto il mondo si è distinto come uno dei migliori interpreti rossiniani. La matematica musicale con cui esegue la partitura è assolutamente cristallina, impreziosita di colori, fraseggi, sfumature ricche di intenzioni e di sentimenti, anche personali.

Alla guida della sua bravissima Orchestra del Teatro Comunale di Bologna - fatto salvo, in questa occasione, per qualche scivolone nei fiati - e con il Coro diretto da Andrea Faidutti, compie un prodigio in termini di interpretazione musicale rossiniana, senza però dimenticare la collaborazione preziosissima dell'eccellente Giulio Zappa.

 
 
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