Nel corso del ventesimo secolo Der Rosenkavalier è stato
rappresentato al Piermarini in sole sette produzioni, mentre dal 2003 il
capolavoro di Richard Strauss è stato allestito già tre volte e
ciò lascia sperare che sia entrato stabilmente in repertorio.
l Cavaliere della Rosa è opera sublime che sa legare passato e futuro e
proprio in quest'ottica si posizione il gradevole spettacolo di Harry
Kupfer, con scene di Hans Schavernoch, costumi di Yan Tax, luci di Jürgen
Hoffmann e video di Thomas Reimer, originariamente prodotto a
Salisburgo.
I grandi spazi vuoti ospitano pochi elementi scenografici e videoproiezioni
che sanno sapientemente ispirare delle bellissime e suggestive ambientazioni
neoclassiche, oltre a permettere un puntuale e determinato lavoro di regia sui
singoli personaggi, che non lascia mai adito alla monotonia, mentre è sempre
intriso d'azione, comunque raffinata e rifinita, anche nei momenti più comici.
Peccato che gran parte della visuale sia alterata nei piani superiori dei palchi
e nelle gallerie.
È un poco più deludente la direzione musicale di Zubin Mehta,
che pur essendo estremamente preciso come di sua consuetudine, inizialmente
appare monotono, parco negli accenti e nei colori, quasi fosse esclusivamente un
metronomo. In secondo atto riesce fortunatamente a rinvigorire la situazione,
anche nei bellissimi valzer che hanno un esito dal maggior piglio; ma è soltanto
in terzo atto che Mehta sa far sentire il polso con cui abitualmente, in
passato, ha sempre diretto questo titolo.
Eccellenti come sempre Orchestra e Coro del Teatro alla Scala.
Sophie Koch è un Octavian poco soddisfacente,
spesso tirata al limite negli acuti, dove è talvolta in difficoltà, oltre ad
avere una vocalità un poco ruvida e aspra. Il personaggio non è malvagio, ma
forse carente di passionalità.
Krassimira Stoyanova è la personificazione dell'eleganza,
tanto nel portamento quanto nella presenza scenica, tanto nella resa della
Feldmarescialla quanto nella linea di canto. Musicale e molto omogenea, è
un'artista raffinata e di classe, dotata di voce sublime e morbidissima.
Günther Groissböck è un Barone Ochs davvero
efficace, soprattutto nel fraseggio particolarmente eloquente. La voce non è
molto brillante, ma lo è la sua interpretazione che si arricchisce di buona
intensità nel finale secondo.
Christiane Karg è un'ottima Sophie, dotata di una
vocalità delicata, leggera e vellutata come una piuma bellissima e morbidissima,
molto attenta alla purezza dei suoni, soprattutto gli eccellenti acuti di
secondo atto.
Adrian Eröd è un Faninal davvero ben riuscito, in
possesso di una vocalità ibrida tra tenore e baritono particolarmente
interessante.
L'Annina di Janina Baechle ha poco carisma e la
vocalità non è purtroppo delle più prestanti, pur essendo comunque interprete
corretta.
Lo stesso vale per il Valzacchi di Kresimir Spicer.
Ottimo timbro quello di Benjamin Bernheim nei panni del
cantante italiano, che certamente migliorerebbe la sua performance stando più
attento ai legati.
Buona la prova di tutti gli altri interpreti: la Marianne di
Silvana Dussmann, il commissario di polizia di Thomas
Bauer, i due maggiordomi di Franz Supper e Michele
Mauro, il notaio di Dennis Wilgenhof, l'oste
di Roman Sadnik, le tre orfane di Theresa
Zisser, Kristin Sveinsdottir e Mareike Jankowski, la modista
di Cecilia Lee, il venditore di animali di
Sascha Emanuel Kramer, i quattro lacchè di
Massimiliano Difino, Emidio Guidotti, Massimo Pagano e Andrea Semeraro,
oltre ai mimi David Meden nei panni di Leopold
e Yannick Lomboto in quelli di Mohammed.
|