Che La fanciulla del West sia il capolavoro musicale di Giacomo Puccini pare ormai un fatto indiscusso; e che le numerose difficoltà nell'eseguire l'ardua partitura siano un grande ostacolo, nonché un deterrente al rappresentare più di frequente questo titolo è altro fatto assodato.
Fortunatamente il direttore musicale del Teatro alla Scala, con la sua orchestra, il coro e gli artisti maschili in locandina sono all'altezza delle aspettative, poiché l'opera manca dal palcoscenico milanese da oltre un ventennio e tutti gli appassionati del melodramma sono trepidanti già dallo scorso anno nel seguire l'annunciato progetto dell'intera opera pucciniana.
La serata del 10 maggio è in realtà una prima, poiché a causa dell'indisposizione della titolare del ruolo protagonista, nelle prime recite la sostituta non è stata in grado di eseguire lo spartito originale voluto da Riccardo Chailly con i “1000 cambiamenti fra minimi e importanti”.
Ciò denota una grave mancanza da parte della dirigenza, poiché La fanciulla non è La Bohème, pertanto dovrebbero essere previste coperture adeguate, non rimpiazzi last minute.
Detto ciò è doveroso riscontrare l'altissimo livello della performance, a partire dal “capitano” che ha guidato la nave con tale precisione che ogni singola nota era al suo posto, tanto gli strumenti, quanto le migliaia di migliaia di interventi vocali.
Riccardo Chailly si riconferma un'eccellenza musicale italiana a tutto tondo, dall'accurata scrupolosità alla capacità di trasmettere emotivi turbamenti, come pure l'Orchestra del Teatro alla Scala
che risulta matematicamente perfetta, limpidissima, pulitissima, brillante oltre ogni misura. Già la breve introduzione all'opera è di un'emozione strabiliante.
Altrettanto eccellente è il sublime Coro preparato dall'intramontabile
Bruno Casoni.
In linea col livello qualitativo annunciato sono i protagonisti maschili, a partire dal
Dick Johnson di Roberto Aronica che in questa occasione supera se stesso, con una morbidezza che mai aveva mostrato, omogeneità e leggerezza nella linea vocale, canto ben posizionato sul fiato, acuti brillanti e in avanti.
Ottimo l'antagonista Jack Rance di Claudio Sgura, abile fraseggiatore, tanto dolcemente innamorato di
Minnie, quanto febbrilmente geloso di Johnson. Ruvido e squillante al tempo stesso, la sua voce dà vita a un personaggio di prim'ordine.
Eccellente Carlo Bosi nei panni di Nick; in questo ruolo complesso il signore dei tenori comprimari trova terreno particolarmente fertile e mostra una musicalità fuori dall'ordinario; impossibile trovare di meglio.
Altrettanto vale per Alessandro Luongo nelle vesta di
Sonora, puntuale e ben rifinito.
Sinceramente pregevole anche la prova di tutte le altre parti, a partire dal
Larkens di Romano Dal Zovo e dal Wallace di
Davide Fersini; Marco Ciaponi (Trin),
Gianluca Breda (Sid), Costantino Finucci (Bello),
Emanuele Giannino (Harry), Krystian Adam (Joe),
Francesco Verna (Happy), Alessandro Spina
(Jackrabbit), Leonardo Galeazzi (Castro),
Francesco Castoro (un postiglione).
Un po' cupa la
Wowkle di Alessandra Visentin.
È invece poco adeguata la protagonista; Barbara Haveman sostituisce l'indisposta titolare del ruolo di
Minnie, ma non è all'altezza delle aspettative. L'interpretazione scenica è buona e di questo bisogna renderle atto, ma la linea di canto si presenta poco omogenea, con note basse molto infossate, centri poco proiettati e udibili a fatica nei recitativi - situazione che migliora nei cantabili - acuti non sempre piacevoli.
Efficacissimo, esattamente a metà strada tra classicismo e innovazione, lo spettacolo firmato dalla bravura esemplare di
Robert Carsen, che riempie letteralmente l'intera partitura di sguardi, gestualità e movimenti in perfetto sincrono con ogni singola nota, contribuendo ad enfatizzare la già ottima direzione di
Riccardo Chailly, pertanto ciò che più si percepisce è il perfetto amalgama creato dall'intera squadra teatrale.
Carsen firma anche le bellissime scene con Luis Carvalho e le incantevoli luci con
Peter Van Praet.
Ottimi i pregevoli costumi di Petra Reinhardt. Completano il gruppo di lavoro:
Marco Berriel alla coreografia e Ian William Galloway al video.
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