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Recensione opera lirica La cena delle beffe di U. Giordano Teatro alla Scala di Milano

William Fratti, 29/04/2016

In breve:
Milano - Recensione dell'opera lirica "La cena delle beffe" di Umberto Giordano in scena al Teatro Alla Scala di Milano il 28 aprile 2016.


Le opere considerate minori di Umberto Giordano, così come quelle di altri autori italiani del primo Novecento, fanno parte di quel repertorio purtroppo bistrattato, anche se sarebbe decisamente interessante averle più spesso nei cartelloni dei palcoscenici europei. È una gioia trovare La cena delle beffe nella stagione della sala del Piermarini, anche se si è consapevoli dei numerosi rischi che si corrono nel mettere in scena un titolo così poco rappresentato oltreché di difficile esecuzione.

Non si lascia intimorire Mario Martone che abbandona l'originale ambientazione rinascimentale a favore di una più attuale - e decisamente cinematografica - trasposizione a Little Italy, dove abiti gessati, spaghetti al pomodoro, rivoltelle e qualche piuma di uccello esotico rendono questa cena davvero appassionante.

Complice il bellissimo allestimento con scene di Margherita Palli, che conduce la vicenda dal ristorante di Tornaquinci alle stanze di Ginevra al piano di sopra, fino alle cantine dove è rinchiuso il povero Neri.

Eccellenti nel disegno e di pregevole fattura i costumi di Ursula Patzak.

Piacevoli le luci di Pasquale Mari.

In definitiva l'amalgama creato da Mario Martone rende lo spettacolo un perfetto lavoro per la tv e il cinema, che nella prima parte lascia lentamente entrare il pubblico, per poi condurlo in una serie di emozioni convulse, travolgenti e a tratti catartiche nella seconda e nel forte finale, degno de Il padrino e Boardwalk Empire.

Indiscusso protagonista musicale è Carlo Rizzi, che dirige con estrema precisione e chiarezza d'intento l'Orchestra del Teatro alla Scala che si prodiga in un'esecuzione pulitissima e dai suoni cristallini. Il fraseggio orchestrale voluto da Rizzi, i cromatismi e le sfumature con cui conduce questo Giordano avaro, quasi privo di melodie accattivanti, sono di altissimo livello e la presa emotiva è davvero forte.

La difficilissima parte di Giannetto è affidata a Marco Berti, che mette in mostra i suoi acuti smaltati e svettanti, ben posizionati in avanti e generosi per tutta la durata dello spettacolo. Purtroppo la zona medio grave non è della medesima bellezza, denotando una linea di canto un poco approssimativa e a tratti stonacchiata.

È invece lontano da ogni imperfezione il Neri di Nicola Alaimo, dotato di una vocalità ben timbrata anche nei piani, morbida e omogenea dalla nota più alta fino a quella più bassa, impreziosita di un fraseggio eloquente e ben rifinito che sa farsi notare anche grazie ad un sapiente uso dei colori.

Non male la Ginevra di Kristin Lewis che risulta vocalmente migliore rispetto sue precedenti performance. Resta il fatto che non si capisce una parola e che i piani sono spesso coperti dal peso orchestrale. Anche Jessica Nuccio, nei panni di Lisabetta, appare più adatta che in altri ruoli.

Positiva anche la prova di Bruno De Simone nelle vesta del dottore.

Adeguati gli altri comprimari: il Gabriello di Leonardo Caimi, il Tornaquinci di Luciano di Pasquale, il Fazio di Frano Lufi, la Cintia di Chiara Isotton, il Lapo e il cantore di Edoardo Milletti, nonché i solisti dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala: Giovanni Romeo, Chiara Tirotta, Federica Lombardi, Francesco Castoro.

 
 
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