Il Teatro Regio di Torino centra l'ennesimo bersaglio con la
messinscena de La donna serpente nell'ambito del
Festival Alfredo Casella, celebrando degnamente e come si conviene il
compositore torinese.
L'opera fiaba deve essere vista, non solo perché godibile e piacevole, ma
anche perché contiene spunti musicali davvero interessanti. Certamente oggi è
possibile affermare di non essere di fronte a un genio incompreso, ciononostante
l'ascolto dei suoi lavori genera una certa curiosità, che attende solo di essere
esaudita, come un desiderio di qualcosa di nuovo.
Produrre questo genere di spettacoli presenta sempre grossi problemi in
ambito artistico, poiché non essendo di immediata presa sul pubblico, non
essendo di repertorio ed eseguendosi solo molto raramente, per funzionare hanno
sempre bisogno di grandi e veri professionisti. Ed in questo senso il Teatro
Regio non bada a spese e raggiunge l'obiettivo, presentando in locandina nomi di
assoluto rilievo, a partire dal direttore musicale che gioca la parte del
padrone di casa.
Gianandrea Noseda e la sua espertissima e preparatissima orchestra eseguono
la non breve partitura con cura e precisione, dispiegandosi in una serie di
suoni sempre puliti, ben amalgamati, nonché distinti al tempo stesso, mai
confusionari o pasticciati neppure nelle numerose pagine che contengono qualche
pericoloso tranello. Il secondo atto è addirittura migliore del primo, il terzo
ancora più vincente, un'apoteosi con degli effetti corali davvero maestosi ed
entusiasmanti, complice anche la bravura e la competenza del Coro guidato da
Claudio Fenoglio.
Protagonista della fiaba è la Fata Miranda qui interpretata dalla
bravissima Carmela Remigio, sempre morbida e omogenea
nella sua linea di canto, accompagnata dallo svettante e generoso Piero
Pretti nei panni di Altidor.
Eccellenti le comprimarie femminili capitanate dalla Farzana/Corifea
di Francesca Sassu e dalla Canzade di Anna Maria
Chiuri,
musicali e precise, affiancate dalle efficaci Erika Grimaldi e
Kate Fruchtermann nei panni di Armilla e
Smeraldina/Voce nel deserto.
Davvero ottime le parti dell'ombroso Togrul di Fabrizio
Beggi e delle maschere, soprattutto i divertenti Albrigor di
Marco Filippo Romano e Pantul di Roberto De Candia,
oltre agli opportuni Alditruf di Francesco Marsiglia e
Tartagil di Fabrizio Paesano. Autorevolissimo il
Demogorgon di Sebastian Catana.
Adeguate anche le altre parti di contorno: Donato Di Gioia, Emilio
Marcucci, Alejandro Escobar, Eugenia Brayanova, Roberta Garelli, Giuseppe
Capoferri.
La regia di Arturo Cirillo, con le scene di Dario
Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi, è
funzionalissima; l'impianto è facile e veloce da muovere nei continui e numerosi
cambi di situazione, i cui ambienti sono inventati dalla suggestione creata
dalle belle luci di Giuseppe Calabrò e dalle coreografie di
Riccardo Olivier, operate dai bravissimi mimi e dai danzatori
di Fattoria Vittadini.
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