La Stagione Lirica del Teatro Municipale di Piacenza
prosegue col massimo capolavoro di Gaetano Donizetti, con la
ripresa del popolare spettacolo di Henning Brockhaus già più
volte ricomparso sui palcoscenici italiani.
A guidare il lavoro di regia e coreografia è Valentina Escobar,
che toglie tutti i precedenti elementi disturbanti a favore di una recita più
pulita. Per il resto non c'è nulla da aggiungere. L'allestimento resta efficace
e funzionale, suggestivo e seducente, con molto spazio di interpretazione
lasciato ai protagonisti, pur recintato nell'idea romantica di Brockhaus.
Sul podio della brava Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna
è l'espertissima bacchetta di Stefano Ranzani, in
assoluto uno dei migliori esecutori di questo spartito, filologico e
didascalico, col solo difetto di far sempre prevalere il segno scritto piuttosto
che un accento o un colore personale, risultando così un po' piatto.
A vestire i panni della sposa di Lammermoor è Gilda Fiume,
che non è propriamente un soprano leggero e questo rende onore al compositore
bergamasco che originariamente scrisse la parte per un drammatico d'agilità. La
voce di Gilda Fiume è piena, rotonda, corposa e sarebbe stato
interessante ascoltarla nella versione originale anziché nell'adattamento con
cadenze e picchettati da tradizione. Ciononostante compie un ottimo lavoro -
seppur non staccando egregiamente le agilità in “Spargi d'amaro pianto”.
Altrettanto bravo è Giuseppe Gipali nel ruolo di Edgardo,
limpido e omogeneo su tutta la linea di canto. Emozionante il duetto con Lucia
in primo atto, ottimi gli acuti nel finale secondo, particolarmente morbida
l'aria conclusiva dell'opera.
Enrico è Mario Cassi, brillantissimo nelle
squillanti note alte, eccellente nelle agilità di stampo rossiniano. Purtroppo
quando la tessitura si fa medio bassa, soprattutto nei recitativi, la voce
scompare nell'incertezza, il canto diventa parlato e pure l'interpretazione a
quel punto perde d'efficacia drammatica.
Enrico Iori è un Raimondo non troppo severo, più
comprensivo che autoritario, e primeggia con un fraseggio particolarmente
eloquente, di stampo verdiano.
Matteo Desole è uno squillante Arturo, cui si
perdona qualche nota calante.
Roberto Carli è un buon Normanno.
Nella mediocrità l'Alisa di Elena Traversi.
Ottima la prova del Coro del Teatro Comunale di Modena
preparato da Stefano Colò.
Applausi appena tiepidi al termine dello spettacolo.
|