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Recensione opera Les Huguenot di G. Meyerbeer a Nizza

William Fratti, 13/04/2016

In breve:
Nizza - Recensione dell'opera lirica "Les Huguenot" di Giacomo Meyerbeer in scena all'Opéra Nice Côte d'Azur il 23 marzo 2016.


Mettere in scena un grand-opéra di Giacomo Meyerbeer non è un compito facile, poiché esige un impegno di risorse artistiche ed economiche davvero importante: numerosi solisti protagonisti e comprimari, doppio coro, grande orchestra, mimi e figuranti, danzatori, scenografie imponenti, durata dello spettacolo non indifferente.

L'Opéra Nice Côte d'Azur risponde positivamente alle esigenze del canto, con l'impiego di artisti di buon livello, mentre il resto lascia un po' delusi, a partire dalla direzione di Yannis Pouspourikas che non riesce a trasmettere in alcun punto il carattere maestoso e la grandeur della musica di Meyerbeer, anzi in primo atto e a tratti anche in terzo sembra addirittura un poco pasticciata, complici dei musicisti dell'Orchestre Philharmonique de Nice non adeguatamente preparati.

Inoltre - forse costretto dalle scelte direzionali del teatro - compie dei tagli da macellaio sulla partitura, che vanno a ridurre l'opera di quasi un'ora andando a ledere drasticamente l'andamento drammatico, nonché la drammaturgia dell'intera vicenda. L'unico personaggio a salvarsi dal boia è Marguerite, spogliata di sole due battute, mentre gli altri si son visti eliminare pagine e arie intere.

Un altro punto dolente è lo spettacolo ideato da Tobias Kratzer, che soffre di una grossa dicotomia: da un lato si riconosce un lavoro di regia puntuale e preciso, ben centrato sugli obiettivi prefissi, ben costruito nelle gestualità, in ingressi e uscite, nonché nelle numerose controscene, dando significati ben delineati e mantenendo sempre alto il livello di attenzione; dall'altro l'idea innovativa proposta, sommata ai numerosi tagli e alla rarità delle rappresentazioni di questo titolo, non permette un'agevole comprensione della trama originaria che si dispiega all'interno della visione del regista, da qui probabilmente sono scaturite le contestazioni del pubblico, cui si aggiunge un impianto scenografico davvero povero e dei costumi - entrambi ad opera di Rainer Sellmaier - di piacevole fattura per ciò che concerne quelli rinascimentali, ma di gusto terribile quelli di epoca moderna.

Probabilmente se i mezzi a disposizione fossero stati maggiori e migliori, l'apprezzamento sarebbe stato differente.

Nella concezione di Kratzer, Nevers è un pittore bohemien parigino che, indignato dalle distruzioni di opere d'arte attuate dagli integralisti musulmani, decide di dipingere una scena di alleanza tra due diverse fazioni religiose, cattolici e protestanti, mentre Marguerite è la sua mecenate e sostenitrice. Purtroppo la situazione gli sfugge di mano e i modelli incaricati iniziano ad odiarsi davvero, fino a decidere di trucidarsi.

Uwe Stickert ha la vera voce del tenore eroico da grand-opéra, leggera e luminosa, ma capace di slanci passionali. Il suo Raoul è dunque appropriato e molto soddisfacente, anche se non sempre preciso, un po' corto nei fiati e costretto a prendere aria molto spesso, inoltre il suono sembra talvolta non ben proiettato e tende ad andare all'indietro.

Lo affianca la brava Cristina Pasaroiu nei panni di Valentine. L'artista rumena non è certo un soprano Falcon, ma è dotata di una vocalità prettamente lirica particolarmente rotonda che la rende perfetta al ruolo, sempre morbida ed omogenea e soprattutto molto brava nell'uso dei colori. È un vero peccato ch ogni tanto perda l'appoggio nel registro acuto.

Jérôme Varnier è un ottimo Marcel, dotato di voce cavernosa in grado di eseguire in maniera salda e sicura le numerose note basse della parte. Eccellente è la resa del recitativo di sortita, nonché del bellissimo duetto con Valentine, mentre è un po' in difficoltà della canzone ugonotta, dove appare un po' lento e gli acuti sono calanti.

Silvia Dalla Benetta, pur avendo accantonato il repertorio lirico leggero già da diversi anni a favore di quello drammatico di agilità, debutta nel ruolo di Marguerite con estrema disinvoltura, perfettamente a suo agio anche nella tessitura altissima presente in numerose pagine della parte, ancorata tra il passaggio e le note acute. La lunghissima aria la vede prodigarsi in un tripudio di colori nella prima sezione, impreziosita da un ottimo legato, nonché in un virtuosismo tecnicamente impeccabile nella parte centrale e nella cabaletta.

L'accento drammatico rende il suo personaggio più regale e meno coquette e la aiuta ad imporsi nel concertato del finale secondo.

Hélène Le Corre è un Urbain molto preciso e la voce corre e sa farsi sentire nonostante non sia particolarmente stentorea. Le agilità ben accurate sono eseguite in maniera molto morbida ed è un vero peccato che non sia stato eseguito il rondò di secondo atto.

Marc Barrard è un efficace Nevers, soprattutto nella resa del personaggio, cui è affidato, in questa produzione, il ruolo del deus ex machina, pertanto lo si trova sempre in scena.

Molto buoni De Tavannes e Bois-Rosé entrambi interpretati da Mark van Arsdale, che colpisce per la sua voce chiara e molto sonora, mentre la recitazione sembra purtroppo una macchietta.

Adeguati ed opportuni gli altri artisti nei rispettivi ruoli: Francis Dudziak nei panni di Saint-Bris, Florian Cafiero è De Cossé, Frédéric Cornille è De Thoré e Maurevert, Arnaud Rouillon è De Retz, Thomas Dear è De Méru, Olivier Tousis è Un archer.
Buona la prova del Coro dell'Opéra de Nice preparato da Giulio Magnanini, soprattutto i solisti impegnati nelle piccole parti comprimarie: Corinne Parenti, Sandra Mirkovic, Susanna Wellenzohn, Marie Descomps, Franck Bard, Thierry Delaunay, Stéphane Marianetti, Diego Saavedra, François Poutaraud, Eric Ferri, Dario Luschi.

Al termine della serata il pubblico ha accolto molto calorosamente tutti gli artisti, con grande successo personale per Uwe Stickert, Cristina Pasaroiu, Jérôme Varnier e Silvia Dalla Benetta, mentre ha contestato Tobias Kratzer e Rainer Sellmaier.

 
 
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