Mettere in scena un grand-opéra di Giacomo Meyerbeer non è
un compito facile, poiché esige un impegno di risorse artistiche ed economiche
davvero importante: numerosi solisti protagonisti e comprimari, doppio coro,
grande orchestra, mimi e figuranti, danzatori, scenografie imponenti, durata
dello spettacolo non indifferente.
L'Opéra Nice Côte d'Azur risponde positivamente alle
esigenze del canto, con l'impiego di artisti di buon livello, mentre il resto
lascia un po' delusi, a partire dalla direzione di Yannis Pouspourikas
che non riesce a trasmettere in alcun punto il carattere maestoso e la
grandeur della musica di Meyerbeer, anzi in primo atto e a
tratti anche in terzo sembra addirittura un poco pasticciata, complici dei
musicisti dell'Orchestre Philharmonique de Nice non adeguatamente preparati.
Inoltre - forse costretto dalle scelte direzionali del teatro - compie dei
tagli da macellaio sulla partitura, che vanno a ridurre l'opera di quasi un'ora
andando a ledere drasticamente l'andamento drammatico, nonché la drammaturgia
dell'intera vicenda. L'unico personaggio a salvarsi dal boia è Marguerite,
spogliata di sole due battute, mentre gli altri si son visti eliminare pagine e
arie intere.
Un altro punto dolente è lo spettacolo ideato da Tobias Kratzer,
che soffre di una grossa dicotomia: da un lato si riconosce un lavoro di regia
puntuale e preciso, ben centrato sugli obiettivi prefissi, ben costruito nelle
gestualità, in ingressi e uscite, nonché nelle numerose controscene, dando
significati ben delineati e mantenendo sempre alto il livello di attenzione;
dall'altro l'idea innovativa proposta, sommata ai numerosi tagli e alla rarità
delle rappresentazioni di questo titolo, non permette un'agevole comprensione
della trama originaria che si dispiega all'interno della visione del regista, da
qui probabilmente sono scaturite le contestazioni del pubblico, cui si aggiunge
un impianto scenografico davvero povero e dei costumi - entrambi ad opera di
Rainer Sellmaier - di piacevole fattura per ciò che concerne
quelli rinascimentali, ma di gusto terribile quelli di epoca moderna.
Probabilmente se i mezzi a disposizione fossero stati maggiori e migliori,
l'apprezzamento sarebbe stato differente.
Nella concezione di Kratzer, Nevers è un pittore
bohemien parigino che, indignato dalle distruzioni di opere d'arte attuate dagli
integralisti musulmani, decide di dipingere una scena di alleanza tra due
diverse fazioni religiose, cattolici e protestanti, mentre Marguerite è
la sua mecenate e sostenitrice. Purtroppo la situazione gli sfugge di mano e i
modelli incaricati iniziano ad odiarsi davvero, fino a decidere di trucidarsi.
Uwe Stickert ha la vera voce del tenore eroico da
grand-opéra, leggera e luminosa, ma capace di slanci passionali. Il suo
Raoul è dunque appropriato e molto soddisfacente, anche se non sempre
preciso, un po' corto nei fiati e costretto a prendere aria molto spesso,
inoltre il suono sembra talvolta non ben proiettato e tende ad andare
all'indietro.
Lo affianca la brava Cristina Pasaroiu nei panni di
Valentine. L'artista rumena non è certo un soprano Falcon, ma è dotata di
una vocalità prettamente lirica particolarmente rotonda che la rende perfetta al
ruolo, sempre morbida ed omogenea e soprattutto molto brava nell'uso dei colori.
È un vero peccato ch ogni tanto perda l'appoggio nel registro acuto.
Jérôme Varnier è un ottimo Marcel, dotato di voce
cavernosa in grado di eseguire in maniera salda e sicura le numerose note basse
della parte. Eccellente è la resa del recitativo di sortita, nonché del
bellissimo duetto con Valentine, mentre è un po' in difficoltà della
canzone ugonotta, dove appare un po' lento e gli acuti sono calanti.
Silvia Dalla Benetta, pur avendo accantonato il repertorio
lirico leggero già da diversi anni a favore di quello drammatico di agilità,
debutta nel ruolo di Marguerite con estrema disinvoltura, perfettamente a suo
agio anche nella tessitura altissima presente in numerose pagine della parte,
ancorata tra il passaggio e le note acute. La lunghissima aria la vede
prodigarsi in un tripudio di colori nella prima sezione, impreziosita da un
ottimo legato, nonché in un virtuosismo tecnicamente impeccabile nella parte
centrale e nella cabaletta.
L'accento drammatico rende il suo personaggio più regale e meno coquette e la
aiuta ad imporsi nel concertato del finale secondo.
Hélène Le Corre è un Urbain molto preciso e la voce
corre e sa farsi sentire nonostante non sia particolarmente stentorea. Le
agilità ben accurate sono eseguite in maniera molto morbida ed è un vero peccato
che non sia stato eseguito il rondò di secondo atto.
Marc Barrard è un efficace Nevers, soprattutto
nella resa del personaggio, cui è affidato, in questa produzione, il ruolo del
deus ex machina, pertanto lo si trova sempre in scena.
Molto buoni De Tavannes e Bois-Rosé entrambi interpretati da
Mark van Arsdale, che colpisce per la sua voce chiara e molto
sonora, mentre la recitazione sembra purtroppo una macchietta.
Adeguati ed opportuni gli altri artisti nei rispettivi ruoli: Francis
Dudziak nei panni di Saint-Bris, Florian Cafiero
è De Cossé, Frédéric Cornille è De Thoré e
Maurevert, Arnaud Rouillon è De Retz,
Thomas Dear è De Méru, Olivier Tousis è
Un archer. Buona la prova del Coro dell'Opéra de Nice preparato da
Giulio Magnanini, soprattutto i solisti impegnati nelle piccole parti
comprimarie: Corinne Parenti, Sandra Mirkovic, Susanna Wellenzohn, Marie
Descomps, Franck Bard, Thierry Delaunay, Stéphane Marianetti, Diego Saavedra,
François Poutaraud, Eric Ferri, Dario Luschi.
Al termine della serata il pubblico ha accolto molto calorosamente tutti gli
artisti, con grande successo personale per Uwe Stickert, Cristina
Pasaroiu, Jérôme Varnier e Silvia Dalla Benetta,
mentre ha contestato Tobias Kratzer e Rainer Sellmaier.
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