Dopo il doppio appuntamento verdiano, nel cartellone del palcoscenico
milanese torna l'opera barocca con l'oratorio di Georg Friedrich Handel
nello spettacolo di Jurgen Flimm e Gudrun Hartmann.
Ancora una volta questo repertorio è affrontato e messo in scena ai massimi
livelli qualitativi, con scelte artistiche accurate e studiate, soprattutto in
ambito musicale, senza tralasciare comunque l'importanza dell'intero
allestimento.
Diego Fasolis è un eccellente concertatore, perfetto nello
stile e sul podio dell'Orchestra del Teatro alla Scala - che
per l'occasione è stata dotata di strumenti storici ed impreziosita con la
presenza de I Barocchisti della RSI Radiotelevisione Svizzera -
dirige con notevole eleganza la bella partitura di Handel,
lasciando uscire il lato più drammatico dell'oratorio, che pare perfetto in
questa esecuzione che ne prevede la forma scenica.
Ottima la prova degli strumentisti, in primis Gianluca Capuano e
Paolo Spadaro Munitto al clavicembalo, nonché la spalla di
Fiorenza De Donatis.
Lo spettacolo firmato da Flimm e Hartmann, originariamene
prodotto a Zurigo nel 2007, è efficacissimo nello sviluppo della drammaturgia,
oltre ad essere piacevole da seguire, raffinato nelle scene di Erich
Wonder e nei costumi di pregevole fattura di Florence von
Gerkan, opportunamente accentuato nell'intimo terrore di Bellezza,
modernissimo in tal senso, quasi a presagire le vicissitudini de L'affare
Makropulos.
Ottima la recitazione dei quattro protagonisti, resa ancora più accattivante
dall'incessante interagire con i bravissimi mimi, che si prodigano anche in
continue controscene e coreografie ad opera di Catharina Luhr.
Non tutte le scelte di regia sono chiare e comprensibili, ma fanno pensare,
come in una logica di simbolismo parzialmente inconscio, dunque la resa
complessiva è davvero positiva. Molto buona è anche la qualità vocale,
soprattutto nello stile e nel gusto, grazie alla presenza di cantanti
specializzati nel repertorio barocco.
Martina Janková è Bellezza, eccellente interprete
nel personaggio, cristallina e brillante nella voce graziosa, anche se non
arriva a toccare nel profondo le corde emozionali. Ottime le note basse in “Voglio
cangiar desio”.
Lucia Cirillo è Piacere, anch'ella riuscitissima
nella caratterizzazione del ruolo, perfetta nello stile, ma apparentemente
indisposta, poiché la voce appare a tratti sfibrata o stimbrata, pur riuscendo
molto positivamente in “Lascia la spina”.
Sara Mingardo è un Disinganno esemplare e
pregevole, la linea di canto morbidissima ed omogenea, la resa di arie e
recitativi sinceramente toccante, soprattutto la commovente “Crede l'uom
ch'egli riposi”.
Molto buona anche la prova di Leonardo Cortellazzi nei panni
del Tempo, pur con qualche imprecisione nelle agilità di certe pagine,
tra cui “Folle, dunque tu sola presumi”.
Entusiastica la riuscita del bellissimo quartetto “Voglio tempo per
risolvere”. Meritatissimo successo per tutti gli artisti al termine
della bella serata.
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