Sulla scia di proposte culturali meno scontate, un po' distanti dal solito
repertorio, l'Opera di Firenze propone un dittico tutto al
femminile.
Chi attendeva una scenografia costruita attorno al telefono di Elle
è indubbiamente rimasto deluso, poiché l'opera è stata inaspettatamente eseguita
in forma di concerto.
Ciononostante l'atto unico di Poulenc non ne ha risentito,
poiché Annick Massis, dal momento in cui è entrata in
palcoscenico, ha riempito lo spazio vuoto con la sua invidiabile presenza. V
isibilmente indisposta non riusciva a prendere posto sullo sgabello, ma ciò
non ha minimamente scalfito la resa vocale cristallina, ricchissima di fraseggio
pregevole e raffinato.
La sua Voix Humaine è carica di emozioni bipolari, dalla tristezza
infinita alla gioia più grande, passando per il rammarico, la rassegnazione, la
tensione, l'ansia, l'agitazione, l'attesa e le mille sfaccettature sapientemente
descritte da Francis Poulenc e accortamente rese con il canto
dal soprano francese.
La accompagna un bravo Xu Zhong alla guida della precisa
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, con suoni limpidi e
puliti. Lo stesso nitore lo si riscontra anche nella direzione della successiva
Suor Angelica, dove però l'eccessiva meccanicità va a discapito
dello sviluppo sentimentale ed emotivo del dramma, oltre a prevaricare le voci
in alcuni punti, complice anche la pessima acustica del teatro.
Lo spettacolo di Andrea De Rosa creato un anno fa per il
Regio di Torino è sempre efficacissimo, perfettamente
filologico pur lontano dalla tradizione e da trasposizioni insensate. È un
allestimento che fa pensare molto, soprattutto in questi giorni di polemica sui
diritti civili: Angelica è stata privata del diritto di essere madre e
crescere la sua creatura da una famiglia che voleva evitare uno scandalo, cui la
chiesa si è resa complice attraverso la reclusione di un innocente che doveva
scontare chissà quale peccato. Non c'è alcunché di spirituale in questa storia;
dopotutto resta solo l'umano dolore di una mamma che sopravvive al figlio. E
infine non c'è alcunché di mistico neppure nella grazia ricevuta dal cielo, ma
solo l'inconscia capacità di perdonarsi nel momento del delirio causato dal
veleno, anche grazie al gesto toccante di una paziente - indubbiamente più
altruista delle sue carceriere - che le regala il proprio bambino - una bambola
- per cercare di placare le sue angosce. E Angelica trova la pace prima
della morte.
C'è poco da aggiungere in merito all'interpretazione di Amarilli
Nizza, che è arrivata ad un'interiorizzazione tale del personaggio che
non può più neppure superare se stessa. L'alternare Verdi a
Puccini nel corso della sua carriera l'ha vista centrare
numerosi bersagli: il suo canto verdiano è al servizio della parola scenica
attraverso l'accento e un fraseggio prevalentemente teatrale, mentre il suo
canto pucciniano si presta al libretto in maniera più emotiva lasciando
prevalere un fraseggio più realistico. Ogni volta in scena non si percepisce la
presenza di Amarilli Nizza, ma solo il grandioso personaggio
creato dalla mente geniale di uno o l'altro compositore.
Argomentazione simile anche per quanto riguarda Anna Maria Chiuri,
che negli ultimi anni si è imposta come interprete di riferimento in molti ruoli
grazie ad una musicalità arricchita di morbidezza e duttilità che le permettono
di primeggiare in diversi repertori.
Oltre a Nizza e Chiuri arrivano dalla
produzione di Torino anche le brave Silvia Beltrami, Claudia Marchi e
Valeria Tornatore.
Altrettanto efficace la suor Genovieffa di Patrizia Cigna
accanto alle altre suore interpretate da Romina Tomasoni,
Elisabetta Ermini, Marta Calcaterra, Irene Molinari, Tonia Langella, Simona Di
Capua, Silvia Mazzoni, Paola Leggeri.
Ottimo il Coro femminile e il Coro delle voci bianche del Maggio
Musicale Fiorentino guidato da Lorenzo Fratini.
Una particolare nota di merito ai figuranti speciali: Nenè Barini,
Edy Bartolett, Sabina Cesaroni, Gaia Mazzeranghi, Patrizia Poeta, Jane Tayar.
|