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Recensione opera Anna Bolena al Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti

William Fratti, 09/12/2015

In breve:
Bergamo - Recensione dell'opera lirica Anna Bolena di Gaetano Donizetti in scena il 27 novembre al Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti


La rassegna dedicata all’illustre Maestro bergamasco negli anni del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti è sempre stata zoppa, sia per motivi organizzativi e di programmazione, ben poco festivalieri e orientati al turismo, sia per ragioni artistiche e culturali, poiché la qualità raramente faceva onore al grande compositore.

Il 2015 è l’anno della svolta, con l’insediamento di un nuovo direttore artistico e l’ingresso nella rete di OperaLombardia. Occorre ancora molto lavoro per raggiungere il livello di un vero festival internazionale, ma non c’è dubbio che la produzione di Anna Bolena sia la migliore dell’ultimo decennio.

Innanzitutto la nuova edizione critica di Paolo Fabbri ridona al pubblico appassionato l’integralità della musica scritta per questa bellissima tragedia, una delle più tagliate e sforbiciate, anche se già in precedenti occasioni era stata presentata una versione poco dissimile. Inoltre, fatto ben più importante, si cerca di ridare un senso di originalità con la scelta di interpreti in grado di eliminare molti stravolgimenti voluti dalla tradizione, sia da quella eccessivamente tragica, sia da quella esageratamente belcantista.

In primo luogo è doveroso segnalare un notevolissimo miglioramento in termini musicali e in tal senso la scelta di scritturare un’orchestra che sa suonare risulta essere vincente.

I Virtuosi Italiani, guidati dal loro direttore principale ospite Corrado Rovaris, si presentano con un suono pulito, anche se non propriamente cristallino. La bacchetta sa ricalcare i giusti accenti, i tempi sono ben equilibrati, il fraseggio è adeguato e buono è il dialogo tra buca e palcoscenico, anche se in alcuni – pochissimi – punti si fa prendere troppo la mano e il suono risulta un po’ troppo voluminoso.

Carmela Remigio è interprete di primo ordine e porta in palcoscenico un’Anna musicalmente svuotata dagli eccessi del drammatico spinto della prima tradizione, come pure dalle esagerate variazioni sovracute della seconda, permettendo al pubblico di riascoltare il ruolo della regina il più vicino possibile allo spartito originale scritto da Donizetti. La voce piena e pastosa, non troppo chiara né troppo scura o corposa, musicalmente appropriata, omogenea nella linea di canto, dotata di buon fraseggio, ma soprattutto di un bel legato, sa rendere il personaggio in maniera misurata, passando dalle tinte patetiche a quelle tragiche col giusto equilibrio. Eccellente è il finale primo “Ah! Segnata è la mia sorte” .

La affianca il bravissimo Maxim Mironov, anch’egli impegnato nel difficile compito di ripristinare il più possibile il ruolo autografo di Percy; incarico piuttosto arduo perché molto acuto nella tessitura con numerose puntature sovracute. Il tenore russo risolve vocalmente molto bene il suo incarico – le piccolissime difficoltà riscontrate sono ben scusabili – sommando al canto musicalissimo una tecnica eccellente in ambito virtuosistico. Molto buona anche la resa del personaggio, che sa essere sempre elegante, giustamente mai troppo dirompente.

Nella parte di Giovanna, debuttata giovanissima nel 2006, ritorna a Bergamo Sofia Solovij e la sua prova di buon livello fa scordare altre sue recenti performance poco fortunate. Il soprano ucraino si presenta in scena con sicurezza e il suo canto elegante e misurato si confĂ  alla partitura donizettiana slegandosi completamente dalle interpretazioni mezzosopranili drammatiche della precedente tradizione.

Il quartetto dei protagonisti si conclude col canto magistrale di Alex Esposito, in possesso di una linea di canto omogenea e morbidissima, una vocalità brillante dotata di velluto, una capacità di accentare arricchita da un buon uso dei colori, nonché da un fraseggio particolarmente eloquente. L’unica pecca del suo Enrico VIII è che il bravissimo Alex Esposito è sempre se stesso e non è molto diverso da tanti altri suoi personaggi.

Molto buona è anche la prova dello Smeton di Manuela Custer, la cui parte senza tagli è ben più corposa, come pure il Sir Hervey di Alessandro Viola e il Lord Rochefort di Gabriele Sagona.

Buona la prova del Coro Donizetti preparato da Fabio Tartari.

L’ottimo risultato in ambito musicale e vocale è supportato da uno spettacolo discreto che, senza infamia e senza lode, non si inserisce nella polverosità di una visione troppo classica come neppure nell’inutile modernità di un’idea contemporanea, restando un poco astratto tra i caratteri gotici e dark di scene e costumi firmati da Madeleine Boyd, che sembrano più accostabili alla moda che non all’epoca di riferimento.

Molto buona la regia di Alessandro Talevi che, pur non portando in palcoscenico idee nuove o coup-de-théâtre, sa districarsi molto bene all’interno della tragedia, creando un movimento continuo anche laddove non accade alcunché. Scene e controscene sono sempre ben presenti e amalgamate tra loro, supportate da un eccellente disegno luci di Matthew Haskins, nonché da posizioni, ingressi, uscite e gestualità ben giocate sui protagonisti e sul coro, arricchite da movimenti coreografici di Maxine Braham.

Applausi davvero entusiastici per tutti al termine della lunga serata.

 
 
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