In occasione della riapertura del Museo Egizio il Teatro Regio di
Torino inaugura la Stagione d'Opera 2015-2016 con Aida,
riproponendo il fortunato allestimento di William Friedkin, in
chiave classica e tradizionale.
Lo spettacolo è ancora molto efficace nell'impianto di Carlo Diappi,
anche se difetta in quanto ad efficienza non avendo cambi scena predisposti
tecnologicamente, obbligando il pubblico a ben tre pause che non aiutano
certamente ad entrare nel dramma.
Eccellente l'uso delle masse, appropriati ingressi e uscite, opportune le
posizioni, ma poca cura nella recitazione dei singoli interpreti che sembrano
lasciati a se stessi, rendendo il loro bagaglio interpretativo personale
piuttosto che un volere unico della regia.
Resta comunque uno dei migliori allestimenti di Aida degli ultimi 15 anni,
pulito e raffinato, pur non portando alcuno spunto.
Esemplari le coreografie di Marc Ribaud riprese da
Anna Maria Bruzzese, semplici ed elaborate al tempo stesso, mai
banali, mai eccessive, misurate dove occorre. Altrettanto bravissimi i
ballerini, elegantissimi nelle braccia e nelle mani, bellissime le gambe.
La direzione di Gianandrea Noseda alla guida della sua
Orchestra del Teatro Regio si contraddistingue, come sempre,
per la pulizia e la precisione del suono, per l'ottimo gusto e l'alta classe,
per l'omogeneità che lega buca e palcoscenico. I momenti migliori sono il
ballabile del trionfo, il concertato dopo l'ingresso di Amonasro ed
interamente terzo e quarto atto. Invece le prime pagine sembrano eseguite con
eccessiva misura, come se si temesse che l'iniziale grandeur nascondesse la
successiva intimità, col risultato che l'accento verdiano sembra mancare un poco
.
Anna Pirozzi è una brava Aida, dotata di timbro
morbido e caldo nelle note centrali, leggermente aspra in certi acuti, dove
peraltro non sempre appoggia per bene e le sfugge qualche nota calante.
L'interpretazione non è delle più vivaci, ma il livello è certamente buono e
sistemati quei pochi accorgimenti tecnici che le mancano, sicuramente otterrebbe
risultati migliori e successi ancora maggiori.
Massimiliano Pisapia, titolare del ruolo di Radamès
nella sola recita del 16, sostituisce l'indisposto Riccardo Massi.
Non c'è dubbio che il tenore si trovi più a suo ago in ruoli dalla scrittura
meno pesante e qui sembra fuori ruolo. Il suo solito bel materiale si fa sentire
solo in alcuni punti, mentre in tanti altri appare limitato, con poco spessore,
tendente al parlato nelle zone gravi.
Eccellente è l'Amneris di Anna Maria Chiuri. Voce
brunita, colore interessante, timbro piacevole, linea di canto omogenea, dalle
note basse mai snaturate agli acuti ben sostenuti, pregevoli i piani.
Emozionante tutto il quarto atto, da “L'aborrita rivale” a “Pace
t'imploro”.
Encomiabile è l'Amonasro di Dimitri Platanias che,
dotato di voce piena, squillante e ben timbrata, sa fraseggiare, dosare gli
accenti e usare la parola alla maniera verdiana.
Molto buona è anche la prova di Giacomo Prestia nei panni di
Ramfis, anche se si fanno notevolmente sentire i segni della stanchezza
di una produzione così lunga e senza riposo, soprattutto nelle note acute e
nell'appoggio.
Buona la prova del Re interpretato da In-Sung Sim,
del messaggero di Roberto Guenno e della
sacerdotessa di Kate Fruchterman.
Come sempre eccellente il Coro del Teatro Regio guidato da Claudio
Fenoglio.
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