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Recensione opera Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi al Carlo Felice di Genova

William Fratti, 30/10/2015

In breve:
Genova - Recensione dell'opera lirica Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi in scena al Teatro Carlo Felice di Genova il 28 ottobre 2015.


Il rapporto che lega la città di Genova al Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi è particolarmente intenso, intriso di quel sano campanilismo che inorgoglisce l'antica repubblica e i suoi odierni cittadini.

Il bell'allestimento originariamente ideato per il Teatro la Fenice di Venezia da Andrea De Rosa soddisfa l'onore dei genovesi mettendo in scena città e palazzi solo lontanamente accennati nell'architettura, ma sfogandosi nei fondali animati da proiezioni del mare, delle coste e dei borghi visti dall'alto.

Anche il lavoro sui personaggi e sul coro è di pregio, risultandone un'omogeneità che rende lo spettacolo elegante ed efficace. Piacevoli e adeguati i costumi di Alessandro Lai, eccellenti le luci di Pasquale Mari.

Stefano Ranzani, chiamato a sostituire Andrea Battistoni – il male comune che ultimamente ha unito Genova e Parma – dirige la difficile partitura con polso deciso, talvolta troppo determinato, comunque di buon livello, poiché sempre ben amalgamato al palcoscenico, che risponde in maniera più che positiva.

Migliore del solito la prova dell'Orchestra del Teatro Carlo Felice, che si esibisce con suono particolarmente limpido, anche nelle sezioni dove la concertazione si fa più complessa. Decisamente ottima anche la prova del Coro preparato da Pablo Assante, che si distingue soprattutto nella scena del consiglio.

Franco Vassallo – in sostituzione di Carlos Alvarez – debutta il difficile ruolo verdiano con gran classe e mette in mostra la sua consueta bella voce brillante e il buon fraseggio. La maturazione del suo Simone sicuramente lo porterà a migliorare nell'accento e nell'uso della parola scenica e renderà certamente un personaggio di altissima levatura.

L'Amelia di Barbara Frittoli – anch'ella in sostituzione della precedente titolare – invece non soddisfa pienamente. In alcuni momenti si è fortemente gratificati dalla consueta pasta della vocalità del celebre soprano, arricchita dall'eleganza e dalla raffinatezza che l'hanno sempre contraddistinta, timbro caldo e interpretazione scenica di gran classe, ma l'organo sembra in parte compromesso – risultando talvolta disomogenea nella linea di canto a causa di un passaggio talora forzato o arrancato verso acuti un poco urlati, non ben poggiati e traballanti – come se fosse usurato e ciò è praticamente impossibile considerando la grande intelligenza dell'artista che ha sempre frequentato un repertorio adeguato alla sua voce. C'è da sperare che si tratti di una problematica passeggera.

Molto buona nell'interpretazione, nell'intenzione e nella fibra la prova di Gianluca Terranova nei panni di Adorno, che sa regalare forti emozioni con le doti naturali che sono il segno distintivo della sua bella voce squillante. Purtroppo non accennano a cambiare le problematiche legate alla tecnica, di cui è inutile discutere per l'ennesima volta, che se non risolte lo porteranno ad una precoce e veloce senescenza.

Eccellente è il Fiesco di Marco Spotti. Timbro scuro, note saldissime dalle più basse alle più alte, omogeneità su tutta la linea di canto, voce che corre dal palcoscenico alla sala, cantante attore, la sua interpretazione è sicuramente una di quelle da prendere come riferimento.

Buono, seppur senza lodi, il Paolo di Gianfranco Montresor.

Appena accettabili il Pietro di John Paul Huckle, il capitano di Antonio Mannarino e l'ancella di Kamelia Kader.

Successo per tutti al termine di una bellissima serata a cui ha assistito un pubblico sempre meno numeroso, i cui applausi si perdevano in un flebile fragore – anche in questo caso è male comune che ultimamente ha unito Genova e Parma.

 
 
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