Tutte le volte che ci si appresta ad assistere alla rappresentazione di
un'opera celebre (per non dire popolare) come La Bohème e che
viene quindi ripresa frequentemente, ci si reca in teatro con riserva, pensando
di non rimanerne soddisfatti per le “solite cose”, sia a causa di qualche messa
in scena sin troppo moderna e non convincente, sia per molte criticità
sull'interpretazione musicale.
In questa edizione quella che invece è una
novità è proprio la rappresentazione classica, se non storica, dell'allestimento
del Maggio Musicale Fiorentino ripreso dal Massimo di
Palermo, con la sapiente e brillante regia di Massimo Pontiggia e con
le raffinate scene e gli eleganti costumi di Francesco Zito,
che con stretta ed attenta collaborazione sono riusciti a garantire uno
spettacolo proprio come dovrebbe essere, facendoci fare un salto in fine
ottocento francese. Ad assicurare il positivo esito dello spettacolo anche
l'insieme musicale, diretto dal Maestro Pier Giorgio Morandi,
pregevole in questa replica domenicale con il cast principale, prevalentemente
composto da brillanti giovani artisti.
La celebre amorosa coppia di
Mimì e Rodolfo è affidata ad esperti ed affiatati interpreti dei
rispettivi ruoli come Maria Agresta e Giorgio Berrugi.
La signora
Maria Agresta, giovane ed affermata artista in carriera sin
dallo scorso decennio, interprete internazionale da Mozart, Bellini,
Verdi a Puccini, si conferma ancora una volta ottima interprete
pucciniana, sia per qualità vocali sia per caratteristiche interpretative.
E' una Mimì misurata, aggraziata nell'interpretazione, con una
impostazione vocale dal canto nobile (Raina docet) che la distingue dall'inizio
sino alla fine, sia nei passaggi di registro sia nei filati, nelle mezze voci e
negli acuti molto ben sostenuti per intensità e spessore, in tutta l'estensione
dal bel timbro di soprano lirico spinto. Consistenti consensi ovviamente a scena
aperta nella famosa “Si, mi chiamano Mimì ” nel primo quadro.
Come si diceva, ben affiatata nel ruolo con Giorgio Berrugi (lui
il poeta, lei la poesia), altrettanto affermato giovane artista che da circa
sette anni ha lasciato il posto in orchestra di professore di clarinetto, per
passare alla carriera di cantante con esito assolutamente positivo. Bella e
suadente estesa voce di tenore lirico, sin dal primo quadro si cimenta bene nel
romantico elegante Rodolfo per l'accurato fraseggio e la corretta musicalità in
“Che gelida manina ” applaudita a scena aperta che interpreta con
sicura tecnica sino al temuto DO di petto, sostenuto con sicurezza senza
spingere troppo e che per squillo e bel colore ricorda forse i suoi grandi
colleghi della fine dello scorso secolo.
Emozionanti e convincenti i loro
recitativi nella fredda e triste atmosfera del terzo quadro alla Barriera
d'Enfer, nell'addio di Mimì in ”Donde lieta uscì al tuo grido
d'amore ” e in “Ci lascerem nella stagion dei fiori ”.
Commovente ed autentico il finale con “Sono andati, fingevo di dormire
” di Mimì e l'effetto particolare del “fermo immagine” creato
dalla regia per qualche secondo poco prima che Rodolfo si accorga che la sua
gaia fioraia si sia spenta.
Miseria infreddolita e giovane allegria della
“bella età d'inganni ed utopie ”, ben rappresentate dalla adeguata
vivacità degli altri giovani artisti bohemien all'inizio del primo e del quarto
quadro, il Pittore Marcello /Vincenzo Taormina, il
Filosofo Colline /Gianluca Buratto, il Musicista
Schaunard /Simone del Savio.
Il concittadino
baritono Vincenzo Taormina assolutamente il più esperto tra loro, già conosciuto
ed apprezzato oltre che molto applaudito nel capoluogo siciliano in Bohème del
2010, in Traviata nel 2013 e nella Fille du Régiment dello
scorso anno, ricopre sempre di più i maggiori ruoli della sua tessitura vocale.
Dotato di un intenso ed esteso bel timbro baritonale dai facili acuti, di
naturale imponente presenza è un Marcello corretto ed equilibrato che,
pur non essendogli riservata dall'autore alcuna romanza, è un punto di forza
musicale del dramma pucciniano ricco di recitativi, soprattutto nel rapporto con
la sua Musetta e con gli altri amici.
All'altezza dei ruoli il vivace
Schaunard di Simone del Savio, intenso e brillante
Baritono ed il Basso Gianluca Buratto, dotato di un gran volume
di voce che proprio nella intima ”Vecchia Zimarra ” dovrebbe forse
controllare meglio nel portamento.
Fondamentale anche il ruolo di
Musetta della giovane soprano croata Lana Kos, interprete
primaria delle maggiori opere mozartiane, verdiane e pucciniane, risolto con
cura di particolari nella criticità del rapporto con Marcello (Vipera e
Rospo) e nella naturalezza del valzerino di “Quando men vò ”.
Un
particolare contributo è dato anche dall'altro esperto Baritono concittadino
Marco Camastra, con quasi trent'anni di carriera
internazionale, ottimo e convincente oltre che simpatico Benoît/Alcindoro.
Una compattezza di questo livello in un'opera così scenicamente articolata,
soprattutto nel secondo quadro è sicuramente una rarità e mantenere l'equilibrio
tra il palcoscenico e l'orchestra è certamente complesso. L'esperto Maestro
Pier Giorgio Morandi, profondo conoscitore di tante partiture
operistiche, è riuscito nella concertazione cercando di non prevalere con le
dinamiche sulle voci, nonostante fossero tutte ben dotate, assecondando
benissimo i solisti con un notevole equilibrio ed una rara raffinatezza musicale
che spesso in Bohème viene trascurata, soprattutto nel complesso
secondo quadro alla vigilia di Natale da Momus in cui si intrecciano i
recitativi di solisti e coro, spesso trasformato in un chiassoso varietà,
garantendo insieme alla regia la corretta riuscita dello spettacolo, oltre che
con i due pregevoli cori ben istruiti e diretti da Piero Monti
e Salvatore Punturo.
In definitiva uno spettacolo da
grande avvenimento, con tante chiamate ed ovazioni per tutti gli interpreti, con
piena ed evidente soddisfazione del gremito teatro.
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