Datato, ma sempre efficiente come quasi tutte le rappresentazioni classiche,
il pregiato allestimento soddisfa compiutamente il pubblico del capoluogo
siciliano, dopo le ampie riserve su quello precedente del 2006 di Pier
Luigi Pizzi, ambientato nel 1960 piuttosto che nel secolo XVII, in cui
si distinsero particolarmente il beniamino tenore Vincenzo La Scola,
prematuramente scomparso nel 2011 ed il Maestro Stefano Ranzani.
Le revisioni di Massimo Gasparon e le interessanti luci
di Andrea Borelli rendono un po' più corrente e snello
l'impianto scenografico, dalla prospettiva delle imponenti scale del salone
della casa del Conte, al suggestivo antro di Ulrica, all'arredamento
centrale dell'appartamento di Renato, sino al salone del ballo
dell'atto finale, con la vivacità data dalla ricchezza dei luminosi colori dei
costumi, non coadiuvata però per scelta registica da un adeguato movimento dei
personaggi, soprattutto per quanto concerne i figuranti ed il coro, che in altre
occasioni invece abbiamo visto molto più coinvolti dinamicamente.
La
travagliata partitura, ricca di arie orecchiabili, giudicata inizialmente dalla
critica molto convenzionale oltre che influenzata dall'opera francese, composta
dopo la celebre Trilogia ed i Vespri siciliani, è tra le più complete di Verdi e
nonostante la varietà caratteriale dei personaggi del libretto di
Antonio Somma e dei loro coinvolgimenti, contiene una raffinata
eleganza, unitamente alla sobrietà ed alla leggerezza delle melodie e dei ritmi,
oltre a tante pagine ricche di intensa passione e di drammaticità e talvolta
anche di aspetti altrettanto ironici.
La direzione affidata
all'attenta bacchetta del Maestro Paolo Arrivabeni è
sicuramente appropriata. L'esperto Direttore d'orchestra internazionale
mantiene un perfetto equilibrio di colori e di intensità tra l'orchestra e le
voci dei solisti e del coro, con un preciso stacco dei tempi, in linea con
l'eleganza e la raffinatezza richieste dal compositore. L'ouverture dell'opera che contiene i motivi conduttori ed il
preludio del secondo atto sono esemplari dal punto di vista sinfonico; si
distinguono nettamente i timbri di tutti gli strumenti anche nei piani e nei
pianissimi con un corretto equilibrio tra gli archi ed i fiati.
Sul piano
vocale del cospicuo cast, l'asse è centrato sul sofferto trittico di
Riccardo, Amelia e Renato, affiancati dal paggio
Oscar e dai sicari Samuel e Tom.
Roberto Aronica,
apprezzato tenore in carriera, esordisce a primo atto nelle eleganti vesti di
Riccardo, segretamente innamorato della moglie del suo migliore amico e
segretario, in “La rivedrai nell'estasi ” un po' cautamente forse a
causa della voce ancora fredda, poi nel contesto dello spettacolo riesce a
centrare appieno il personaggio con indubbie qualità di lirico spinto, dalla
corretta emissione in tutta l'estensione, per bellezza di colori e ricchezza di
armonici e dal potente squillo tenuto con sicurezza, nonché con efficace lettura
del personaggio nobile, fiero e dignitoso, nei romantici accorati duetti con
Amelia, in “Ma se m'è forza perderti ” e sino a “Ella è pura, in
braccio a morte ” nella coinvolgente scena finale.
Dell'Amelia
della giovane Soprano ucraina Oksana Dyka, dotata di una bella
e squillante voce dal timbro di lirico spinto, di rara estensione e sicuramente
adatta alle eroine verdiane, in questa valida replica domenicale si apprezza il
buon stile di canto tecnicamente valido, l'attento fraseggio e la cura dei
legati nelle due importanti arie “Ma dell'arido stelo divulsa ” e “Morrò
ma prima in grazia ”, nella scena del cimitero del drammatico secondo atto
ed all'inizio del terzo, oltre che nella cabaletta con Riccardo “O
qual soave brivido ”, eccezion fatta per taluni piccoli difetti di dizione.
Il passionale trittico è completato dal distinto e nobile Renato
con curata professionalità dal Baritono in carriera Giovanni Meoni, che abbiamo tanto apprezzato nell'ottimo
Jago nell'Otello dello scorso anno al Teatro
Massimo. Nobile, lirico nel cantabile “Alla vita che t'arride
” del primo atto ed ugualmente di drammatico spessore nella più bella aria
verdiana per baritono “Eri tu che macchiavi quell'anima ” all'inizio
del terzo e nella scelta di vendicarsi nei confronti di Riccardo,
risolve il ruolo con sicurezza di accenti e di fraseggio nel suo registro ben
esteso e senza particolari portamenti.
Meno credibile invece la
mezzosoprano-contralto Tichina Vaughn nelle vesti della maga
Ulrica. Da un'esperta verdiana come l'artista americana, ci si
aspetta un miglior approfondimento nella parte, sia musicale, sia
interpretativo, nonostante la voce sia ricca e poderosa e non tema le sonorità
più intense dell'orchestra in tutta l'estensione del suo ruolo, ma penalizzata
da un vibrato naturale e da una dizione dall'evidente accento americano. Ad ogni
modo il suo esordio nell'invocazione “Re dell'abisso affrettati ” è
coinvolgente, favorito dal suggestivo ambiente e dall'efficace gioco di luci.
Non meno importanti nel cast i due dignitosi e validi Bassi Paolo
Battaglia e Manrico Signorini, rispettivamente nelle
piccole parti di Samuel e Tom, fondamentali nella congiura del
terzo atto con Renato, oltre il paggio Oscar en travesti della
giovane soprano Zuzana Marková, che conferisce al ruolo la
corretta leggerezza musicale, elegante e signorile, dalla ballata “Volta la
terrea fronte alle stelle” del primo atto alla canzone “Saper vorreste
” nel terzo, con seducenti colorature e sicure agilità. Altrettanto
dignitosi il Basso Nicolò Ceriani -Silvano ed il
Tenore Cosimo Vassallo - Giudice e Servo di Amelia.
Il pregiato Coro è ben diretto da Piero Monti, nel primo
atto “Posa in pace, a bei sogni ristora” è eseguito con una raffinata
leggerezza; cresce poi nell'intensa stretta del concertato “Sia condannata”
contro Ulrica ed al termine nella festa da ballo con “Fervono amori
e danze”. Buona pura la coreografia di Amedeo Amodio.
Come si diceva in premessa, quasi sempre gli allestimenti classici sono
soddisfacenti come in questo caso, assicurandone il beneplacito del gremito
pubblico appagato anche per l'aspetto musicale, con vivi consensi a scena aperta
al termine delle arie soliste e degli insiemi e con entusiasmo alla chiusura del
sipario per tutti gli artisti e per la Direzione d'orchestra.
Quello che
più conta, indipendentemente da talune naturali imperfezioni, è lo Spettacolo
nel suo complesso.
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