Dopo qualche anno di assestamento, il Teatro Municipale di Piacenza
dimostra di avere ritrovato la sua dimensione, facendo cultura all'insegna della
tradizione.
La nuova stagione 2015-2016 è strategicamente presentata prima della
conclusione del cartellone attuale, puntando dunque non soltanto sugli abbonati
e gli spettatori abitali, ma cercando di attirare un pubblico sempre più vasto,
nonché turisti provenienti da altrove. Ma è Piacenza a cui deve essere risposto
in primis e se la città preferisce la consuetudine all'innovazione, è giusto che
ottenga risposta in questo senso. È vero che le platee devono essere abituate
alla nuova arte, ma è anche vero che lo si può fare in maniera graduale, senza
per forza dover proporre titoli modernamente rivoluzionari.
Il connubio tra il direttore artistico Cristina Ferrari e il
Maestro Leo Nucci ha dato prova di funzionare, dunque squadra
che vince non si cambia. Le polemiche in merito alle assidue presenze di alcuni
artisti e certe agenzie vanno lasciate alle sedi opportune e non sono oggetto di
recensione.
Anche il sindaco Paolo Dosi ha avvalorato questo indirizzo
di lavoro al termine de I due Foscari, l'opera conclusiva della
stagione 2014-2015, una serata di grande musica, come già sottolineato, nel
solco della tradizione. E proprio lungo questo filone si inerisce la direzione
di Donato Renzetti, che non dà particolare lettura o
significato personale all'opera del giovane Verdi, ma usa
colori e accenti tipici di questo repertorio per come lo si è abituati a sentire
da almeno mezzo secolo, compreso il taglio di tutti i da capo.
L'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna lo segue
piacevolmente e con estrema disinvoltura, anche grazie all'assidua
frequentazione del lavoro del Cigno di Busseto. Un segno di merito va alla prima
viola e al primo violoncello per l'esecuzione dell'emozionante preludio secondo.
Leo Nucci è interprete strepitoso del personaggio del
vecchio Foscari e la sua performance non fa avvertire l'assenza
della forma scenica in alcun modo.
Ovviamente non si può sperare di udire la voce di qualche anno fa, ma
l'espressività del fraseggio e il significativo uso degli accenti sopperiscono
pienamente a questa mancanza.
Fabio Sartori è tenore verdiano di primo ordine,
intonatissimo, squillantissimo, morbido nel passaggio. L'unico neo del suo
Jacopo risiede nell'assenza di piani e pianissimi, ma Sartori
è un professionista e riesce tranquillamente a fraseggiare, accentare, dare
colori e sfumature passando dal mezzo forte al fortissimo.
Kristin Lewis è una Lucrezia naturalmente dotata di
una bellissima voce importante, ma difficile da muovere. È a suo agio finché si
trova nel canto spianato e dove non occorrano tinte particolarmente espressive,
ma non appena incontra delle agilità si sentono i primi ostacoli, così come
grandi scogli si odono nel drammatico e nel patetico, poiché povera d'accenti,
cui si aggiunge una dizione catastrofica, col risultato di diventare algida e
insignificante. Il materiale per essere cantante di prim'ordine c'è tutto, ma
necessita di molto studio sulle fioriture, anche se minime, e
sull'interpretazione.
Marco Spotti è un vero basso che finalmente riconsegna
totale onore alla breve ma importantissima parte di Loredano, che è
l'effettivo deus ex machina della vicenda, e la sua bella voce scura ben
proiettata si fa udire anche nei corposi pezzi d'assieme.
Fabrizio Paesano, vincitore del 52º Concorso Voci
Verdiane Città di Busseto, è un efficace Barbarigo, affiancato
da Federica Gatta come Pisana, Andrea Bianchi
come fante del consiglio e Alessio Verna come servo del doge.
Come sempre eccellente nel repertorio verdiano è il Coro del Teatro
Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati.
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