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Recensione opera lirica I Puritani di Vincenzo Bellini al Teatro Regio di Torino

Recensione opera I Puritani di V. Bellini al Teatro Regio di Torino, 29/04/2015

In breve:
Torino - Recensione dell'opera I Puritani di Vincenzo Bellini in scena al Teatro Regio di Torino il 19 e il 21 aprile 2015.


In occasione delle recite fiorentine, all'alba della sua produzione, si è già discusso dei molti pregi e dei pochissimi difetti di questo spettacolo firmato dalla squadra Ceresa, Santi, Palella, Olivier, Filibeck ed è dunque superfluo soffermarvisi nuovamente, se non per ribadire la necessità di avere più spesso il medesimo livello qualitativo sui palcoscenici italiani.

A Torino la direzione è affidata al talentuoso Michele Mariotti, che si riconferma essere un egregio belcantista. La sua lettura è un tripudio di colori arricchiti di sfumature e nuance che rivelano l'anima della melodia belliniana. La guida è salda, ma con gesto raffinato e puntuale; l'intenzione è romantica, forse più accentuata nella recita di martedì che non in quella di domenica; è infine abile accompagnatore, sempre attento al fraseggio individuale dei solisti, cui è affidata molta libertà interpretativa. Altro grande pregio, presumibilmente da ascriversi sia al direttore sia al teatro, è quello di avere formato due squadre di eleganti cantanti belcantisti, alcuni di stampo prevalentemente rossiniano, in perfetta armonia tra loro, con voci non particolarmente stentoree – chi più chi meno – adattissime al canto di Bellini e ottimamente conformi alla guida di Mariotti, che sa sempre equilibrare il suono della buca col volume del palcoscenico.

Questi Puritani sono l'esempio lampante che il bel canto non coincide con l'urlo.

Le stelle indiscusse delle recite torinesi sono indubbiamente Olga Peretyatko e Désirée Rancatore nei panni di Elvira. La prima mostra una tecnica ferrea e precisa, elasticità invidiabile nelle agilità – tranne che nel duetto con Giorgio, dove sembra giocare al risparmio – una linea di canto morbida e molto musicale che trova l'apice in “Ah vieni al tempio”, acuti e sovracuti molto belli, soprattutto in “Son vergin vezzosa” seppur piccoli come uno spillo e certuni calanti in “Vien, diletto” ma dove l'interpretazione è magistrale e sinceramente toccante.

Anche Rancatore parte in sordina in “Sai com'arde in petto mio” con alcune note gravi poco corpose, ma inizia a mostrare il suo consueto carattere con la polacca, con un registro acuto pieno e rotondo. L'intonazione perfetta, la bravura nel legato e il saper gestire magnificamente piani e filati sono gli ingredienti giusti per le pagine successive, dal finale primo alla scena della pazzia, la cui cadenza è cantata quasi interamente da coricata. Eccellente il finale del duetto con Arturo “Caro non ho parola”.

Dmitry Korchak, come già detto in altre occasioni, è un tenore naturalmente dotato di bellezza nel timbro, morbidezza, grande musicalità e capacità di smorzare i suoni, qualità ben riconoscibili nel bel duetto con Enrichetta e nell'emozionante lungo terzo atto, ma continua ad avere qualche problema di appoggio e in molti passaggi tende a perdere l'intonazione, tra cui “A te, o cara” e i sovracuti del finale.

Invece l'Arturo di Enea Scala si mostra intonatissimo e il suo canto è veramente più che corretto. Inizialmente vittima di alcune contestazioni, poi paladino chiamato a bissare, la sua voce può non piacere in questo tipo di repertorio, poiché poco eroica e più tipicamente da contraltino, ma certo non si può dire che non sappia cantare, né che non sia in grado di donare intensità drammatica, qualità che ripercorre nelle pagine dell'ultimo atto.

Nicola Alaimo è un Riccardo liricissimo, provvisto di una linea di canto pulitissima e omogenea, eccellente nel fraseggio.

Altrettanto positiva è la prova di Simone Del Savio, che difetta solamente nella capacità di legare i suoni.

Nicola Ulivieri è Giorgio e regala al pubblico un'esecuzione superlativa, una vera lezione di belcanto, in perfetta sintesi armonica con la melodia belliniana, musicale, morbido, omogeneo, senza alcun minimo difetto.

Bravissimo anche Mirco Palazzi, luminoso e squillante.

Buona è la resa della borsista Samantha Korbey nei panni di Enrichetta, anche se l'interpretazione è povera di accenti.

Efficacissimo Fabrizio Beggi nel ruolo di Gualtiero Valton. Non sempre intonatissimo il Roberton di Saverio Fiore.

Eccellente il Coro del Teatro Regio preparato da Claudio Fenoglio.
 
 
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