L'Auditorium Paganini di Parma registra il tutto esaurito
per l'esecuzione dei Carmina Burana di Carl Orff, capolavoro
assoluto del Novecento.
L'opera del compositore tedesco è sempre e comunque efficace, geniale nella
partitura, che sia eseguita come cantata o in forma scenica. In questa occasione
l'eccellente e precisa Filarmonica Arturo Toscanini – che
restituisce risultati esemplari quando è guidata da direttori di sicuro talento
– si prodiga in un suono particolarmente pulito, ma soprattutto carico di
accenti, sapientemente misurati per non sforare nell'eccesso.
Peccato che non siano stati utilizzati dei pianoforti a coda adeguati alle
sonorità di Orff, poiché importantissimi nel cadenzare i momenti più drammatici
della composizione.
Sul podio è il bravissimo John Axelrod, dotato di gesto
chiarissimo, particolarmente energico, che sa far emergere le sonorità più
contemporanee. Non va dimenticato che Orff compone negli anni
Trenta, avendo a disposizione nuovi strumenti e comunque influenzato dalla
storia che lo ha preceduto. Axelrod sa trasmettere queste
particolarità, come pure il lato ironico e brillante, ottenendo un effetto
sorprendente.
Protagonista indiscusso è il Coro del Teatro Municipale di Piacenza
diretto da Corrado Casati. Precisione, colore e intonazione
sono i segni distintivi. Ben appropriato è anche il fraseggio. Buona la prova
del Coro Voci Bianche Ars Canto di Parma preparato da
Gabriella Corsaro.
Il baritono Mario Cassi, come già dimostrato in altre
occasioni, è dotato di buona intonazione e di acuti limpidi, più da tenore che
non da baritono, ma le note basse sono pressoché inesistenti, poiché poco
voluminose, coperte da altri suoni, talvolta addirittura pasticciate. In alcuni
passaggi i fiati sono corti e prende aria troppo spesso; mancano molti legati e
il fraseggio è espresso maggiormente dalla mimica facciale piuttosto che
dall'inflessione vocale.
Brava la giovane Giuliana Gianfladoni alle prese con una
parte piccola ma davvero insidiosa, dove mostra una voce morbida e rotonda
nonostante l'età e la tessitura acuta. Da notarsi qualche nota non ben
appoggiata, un poco stonacchiata.
Bravo anche Mark Milhofer – solo un po' tirato – nel
difficilissimo ruolo del cigno arrosto, spesso affidato a controtenori.
Scroscianti applausi per tutti gli interpreti al termine di una serata che ha
davvero entusiasmato la sala. A grande richiesta è stato concesso il bis del
brano conclusivo dell'opera.
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