Torna a Palermo dopo ben otto anni il massimo capolavoro del grande
compositore viennese del diciottesimo secolo, con la ripresa dell'allestimento
debuttato al Teatro dell'Opera di St. Etienne nel 2012, dal
famoso coreografo-regista belga, alla sua prima esperienza operistica, in
collaborazione con Hans Op de Beeck per scene, immagini e
costumi.
La versione è però quella più rara del 1859 di Hector
Berlioz, grande studioso ed estimatore dell'autore, in quattro atti e
non tre, riadattata come ben noto nell'orchestrazione e nella partitura,
soprattutto per quanto concerne il ruolo del protagonista Orfeo,
non più affidato dopo quasi un secolo agli storici Contralti-castrati della
versione originale del 1762, bensì alle Mezzosoprano-Contralto, in una via di
mezzo tra questa e la versione successiva francese del 1774, con la traduzione
in lingua francese di Pierre-Louis Moline dell'originale libretto in
italiano del poeta Ranieri de' Calzabigi.
In definitiva,
nonostante la storicità dell'argomento e del dramma musicale, l'Orfeo
sin da quello di Monteverdi, nelle varie opere liriche ha sempre
affascinato i registi nell'attualizzazione, a tal punto che le classiche
rappresentazioni possono essere ormai considerate una rarità.
Il
modernissimo impianto non prevede alcun riferimento ambientale del libretto, non
ci sono ninfee, pastori, furie, spettri e spiriti beati dell'Ade,
cherubini, eroi ed eroine, tutto è affidato assolutamente ai ballerini ed alla
complessa immaginazione dello spettatore nella trasposizione alla
contemporaneità dei giorni nostri, con giochi di luci e colori prevalenti dal
bianco al grigio ed all'azzurro.
L'ampio spazio del palcoscenico è quindi
destinato quasi esclusivamente alle danze, con al centro schermi translucidi
semoventi con immagini. Su tutto lo sfondo un grande schermo con proiezioni in
bianco e nero di una città immaginaria in continuo cambiamento, con oggetti in
primo piano in movimento.
Alla quasi
staticità dei tre interpreti si contrappone la vivacità dei ballerini che li
doppiano nel contesto dello svolgimento della tragedia di Orfeo
che, perduta prematuramente Euridice non si rassegna ed è
disposto a tutto pur di rivederla, scendendo a compromessi con Amore.
Orfeo in particolare è doppiato da un ballerino in nero nei
momenti più malinconici e di massimo sconforto e da un altro in bianco per
quelli brillanti, vivaci e ricchi di orgoglio.
Il complesso ed
impegnativo ruolo vocale di Orfeo – talvolta
eseguito dai contralti più scuri - è affidato alla giovane concittadina
Mezzosoprano in carriera Marianna Pizzolato, esperta nel
repertorio barocco e settecentesco ed ottima interprete mozartiana e rossiniana,
che con sicurezza si distingue per una linea di canto raffinato, con una
emissione dal timbro caldo e ben proiettata, nel contesto dell'intera estensione
vocale che spazia agevolmente dalle soglie del Contralto a quelle di Soprano,
con un ampio volume senza alcuna particolare forzatura virtuosistica ed
attinente allo stile dell'epoca.
Applaudita a scena aperta nei primi
recitativi, ottiene maggior consenso per la celebre aria del rondò J'ai
perdu mon Eurydice eseguita al termine, con elegante musicalità e corretti
accenti nelle ripetizioni della strofa principale.
Più vivace invece nel
ruolo di Euridice, la brillante giovane cosentina Soprano
Mariangela Sicilia, che lo risolve con dignitosa professionalità, insieme al
Mezzosoprano di Bolzano Aurora Faggioli-Amour, relativamente
alla limitata partitura loro destinata.
La direzione d'orchestra di
questo caposaldo della cosiddetta riforma gluckiana dell'opera lirica - che ha
avviato la trasformazione del melodramma settecentesco, abbandonando gli schemi
musicali convenzionali, fondendo musica e vocalità in un insieme musicale
compatto e con un rapporto equilibrato tra libretto e musica, al fine di
esprimere al meglio il dramma sentimentale messo in scena e che ha influenzato
il melodramma da Mozart sino ai grandi capolavori
dell'ottocento – è a cura di Giuseppe Grazioli.
Il Musicista che ha diretto le orchestre dei maggiori teatri riesce, con un
ottimo lavoro di preliminare concertazione, ad entrare appieno nella particolare
partitura dirigendo con sapiente equilibrio voci ed orchestra, con semplicità e
scorrevolezza come richiesto dalle composizioni dell'epoca, evitando di farsi
coinvolgere, in tutto il contesto dell'opera, dai tempi stretti e dalle intense
dinamiche cui siamo abituati con le partiture ottocentesche, curando con
particolare attenzione gli insiemi orchestrali tra cui si è distinto il flauto
traverso solista, nell'andante della danza degli spiriti beati unitamente agli
altri fiati ed agli archi.
Una particolarità infine per i quarantasette
elementi del coro ben preparato e diretto come al solito dal Maestro
Piero Monti, ospitato nella buca orchestrale nella zona sottostante il
proscenio, facenti parte di un tutt'uno con l'orchestra e senza alcuna
particolare evidenza solistica.
Un pomeriggio domenicale dedicato alla
buona musica, dal teatro non gremito come per le opere non popolari e con talune
ovvie riserve sull'allestimento. Successo personale di Marianna
Pizzolato/Orfeo, applauditissima al termine della
rappresentazione insieme al Maestro Grazioli, con adeguati
apprezzamenti per gli altri solisti, per il Coro e per il Corpo di ballo in cui
emergeva la brava Valentina Pace/Euridice, étoile del
Balletto Nazionale di Marsiglia.
Su teatromassimo.it foto e video dello
spettacolo
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