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Intervista al tenore Giorgio Berrugi

Redazione Liricamente, 18/02/2015

In breve:
Liricamente.it intervista il tenore Giorgio Berrugi. Clarinettista di professione, intorno ai 25 anni scopre di avere una "voce" e inizia a studiare canto. Quest'intervista offre un'ampia panoramica sul mondo della lirica ed è dedicata a chi vuol conoscere come funziona l'opera in Italia e all'estero. Sarà una forma di spettacolo di nicchia, ma, ascoltando questa testimonianza, coloro che pensano che la lirica sia un'arte in via di estinzione rimarranno molto delusi, perchè la passione salva tutto!


Oggi Liricamente.it intervista il tenore Giorgio Berrugi. Clarinettista di professione, intorno ai 25 anni scopre di avere una "voce" e inizia a studiare canto. Abbandona l'orchestra e intraprende la professione del cantante lirico. In pochi anni ha già calcato i palcoscenici dei teatri più importanti del mondo.
Toscano di origine, con moglie e figlio ha scelto di andare a vivere a Vienna, in Austria, poichè (soprattutto nei Paesi tedeschi) l'opera "va davvero molto, è molto richiesta ed apprezzata" e quindi ci sono molte occasioni di lavoro.

Certo, non si può negare: in Italia ci sono molti problemi economici e gestionali, ma in teatro si respira ancora quella passione e quella cura del particolare che porta ad un'eccellenza tipica del Made in Italy.

Quest'intervista offre un'ampia panoramica sul mondo della lirica ed è dedicata a chi vuol conoscere come funziona l'opera in Italia e all'estero. Sarà una forma di spettacolo di nicchia, ma, ascoltando questa testimonianza, coloro che pensano che la lirica sia un'arte in via di estinzione rimarranno molto delusi, perchè la passione salva tutto!

1) Caro Giorgio, raccontaci com'è stato il tuo percorso di studi e i tuoi inizi di carriera.
Io non sono nato come cantante, ma fin da bambino ho studiato clarinetto e, dopo un normale corso di studi, ho iniziato a lavorare in orchestra. Verso i 25 anni ho scoperto di avere una "voce". Ho studiato un paio d'anni e poi ho deciso di lasciare l'orchestra.
Conoscevi già la respirazione, però!!
Ma più che la respirazione in sé, direi che conoscevo la musica! Per quanto riguarda la respirazione, ero allenato a livello diaframmatico, ma è diversa la respirazione per uno strumento esterno rispetto alla gestione del fiato per sostenere la propria voce.
Aver già una base di studi musicali non è poco, perchè per fare il cantante di professione non basta la voce, giusto?
Si, assolutamente! Lo dicevano anche i grandi cantanti: "Non sempre le grandi voci diventanto grandi cantanti", credo che la stessa Mirella Freni lo sostenesse, perchè comunque per fare il cantante servono anche altre qualità e la testa è ciò che fa la differenza e la preparazione musicale è molto importante.
Quindi tu, a differenza della categoria dei tenori (concedimi la battuta) usi anche la testa per cantare! :-)
Io molto spesso dico: per diventare un buon tenore ho dovuto fare una lobotomia, perchè da strumentista ad un certo punto ho dovuto anche lasciarmi andare all'istinto e lasciare un po' da parte quel tipo di analisi musicologica con cui avevo iniziato! Ho dovuto fare un percorso inverso, rispetto agli altri cantanti, per lasciare spazio più alla naturalezza e all'emotività.
Hai abbandonato il clarinetto per il canto, quindi significa che ti ha dato qualcosa in più?
Si, assolutamente! Guarda, avevo raggiunto un buon livello con il clarinetto, però mi sentivo un po' stretto e non appena ho avuto questa chance ho abbandonato l'orchestra e mi sono dato allo studio del canto. E' stato un salto nel buio.
Beh, però, non ti puoi lamentare. E' andata proprio bene!
Si, meglio di così non potevo proprio sperare!

2) Come sono stati i tuoi inizi di carriera? Quando hai debuttato?
Io sono rimasto un po' "bruciato" all'inizio della carriera, perchè avevo una grande facilità vocale e un'esperienza interpretativa di natura e mi è capitato di cantare a un buon livello, ma solo in determinate condizioni, quindi solo se stavo perfettamente bene perchè non avevo ancora una tecnica appropriata.
Mi ascoltarono presso il Festival Pucciniano (in cui ero andato a farmi sentire per un progetto con i bambini) e invece mi scelsero subito per fare "La Bohème" alla Fenice di Venezia.
Non andò male, andò abbastanza bene, però mi sono reso conto che il teatro è diverso da una stanza e per cantare in teatro serve una tecnica e bisogna avere un automatismo che consente di gestire tutte le situazioni. Insomma, se anche sai andare in bicicletta, per gareggiare con la Ferrari bisogna saper "guidare la macchina"!
Dopo questa esperienza, quindi, mi sono fermato e sono stato tre anni a studiare seriamente. Poi sono ripartito.

3) Quando sei ripartito dove sei andato? In Italia o all'estero?
Ho provato in Italia, senza però risultati significativi. Mi veniva detto "non hai esperienza, non hai debuttato ruoli" e quindi non si fidavano di me. Ho avuto la fortuna di essere ascoltato dal direttore artistico che si stava insediando a Dresda. Mi ha dato l'opportunità di lavorare fisso tre anni nel suo teatro facendomi debuttare numerosi ruoli.

4) Come funziona in Germania? Eri assunto dal teatro?
In Germania ogni città, anche piccola (parlo di 20.000 abitanti) ha un proprio ensemble fisso.
Alcuni cantanti sono pagati e stipendiati dal teatro. Io sono stato molto fortunato, perchè Dresda è considerato un teatro di serie A, uno dei primi tre teatri della Germania, e ha un'orchestra importante e famosa nel mondo. Ci girano i migliori direttori del mondo. Questa è stata per me una grande fortuna, perchè è stata utilissima per la mia carriera. Tieni conto che a luglio finì il mio contratto a Dresda e ad agosto cantavo in Arena con Domingo.
A Dresda dirigono i grandi direttori che transitano al Metropolitan come Alla Scala e io ho lavorato con loro.
Dresda alterna cast di "Guest star" con le persone interne che coprono sia i ruoli da comprimario sia in alcuni casi anche i ruoli principali, com'è capitato a me. La programmazione è molto diversa rispetto all'Italia perchè fanno 450 programmazioni all'anno tra matiné, pomeridiane e serali e quindi hai l'opportunità di farti un repertorio importante, di provarlo con direttori diversi.
Per esempio, io lì ho fatto una quarantina di recite dell'Elisir d'amore con 5/6 direttori diversi e mi sono creato un bagaglio culturale discreto.
In totale in tre anni ho debuttato una decina di ruoli.
Ero assunto dal teatro con uno stipendio che, rispetto agli standard italiani era decisamente magro, ma era sicuro e mi dava la possibilità di crearmi un'esperienza!

Solo in Italia non c'è la possibilità di fare questo percorso, perchè nel resto del mondo invece funziona così e i giovani cantanti di tutto il mondo aspirano a fare questo percorso. Solo noi italiani non ricerchiamo questa strada.
Tutti i grandi cantanti del momento hanno fatto questa esperienza (Kaufmann, Damrau...).
Questa è l'unica esperienza possibile, perchè purtroppo in Italia, nei teatri di Provincia non si investe più per creare queste occasioni di lavoro e esperienza per i giovani.

5) Da quel che hai detto deduco quindi che si lavora meglio in Italia rispetto all'estero?
No, non è così. Sulla qualità del lavoro, devo dire che io in Italia in realtà lavoro benissimo perchè nei teatri italiani si "respira" ancora la passione: a partire dai tecnici, scenografi, truccatori, insomma da tutto ciò che ruota in mondo al teatro d'opera.
Forse dipende anche da un fattore culturale. I tedeschi sono estremamente rigidi o forse è anche questione del fatto che facendo più recite devono diluire di più le energie e quindi si ha un po' meno entusiasmo.
In Italia ci sono poche recite e si ha modo di metterci più passione.
Sicuramente in Germania ti pagano, invece in Italia ci sono molti problemi economici e in alcuni teatri si lavora senza sapere se e quando si verrà retribuiti.

6) Quali sono le principali difficoltà di questa professione?
Sicuramente come tutti, si soffre la lontananza da casa. Uno aspira a fare questa professione e poi ti ritrovi 320-330 giorni all'anno lavorando fuori casa. Molti mi chiedono "Com'è Vienna?", ma io non so cosa rispondere, perchè ci sarò stato 30 giorni in tutto in un anno!
Rispetto al passato, oggi i ritmi sono molto diversi. Si fanno produzioni con poche prove. Si va da un posto all'altro in poco tempo: arrivi, fai la prova e canti.
I trattamenti economici sono diversi rispetto al passato e bisogna cantare di più per guadagnare lo stesso.
In Germania ho imparato a gestirmi. Per il fatto che la produttività altissima, chi regge in Germania poi è pronto a fare la professione ovunque. Io ho imparato a cantare con l'intelligenza e non con la fibra. Ho imparato a gestirmi per salvaguardare la mia salute e il mio strumento. Sto attento anche a non fare uso della farmacologia, perchè si sa che fine hanno fatto i cantanti del passato che facevano uso di cortisone.
Bisogna imparare a gestirsi per non bruciare la propria salute e ottimizzare i tempi di riposo. Quando lavoro cerco di essere il più concentrato possibile nei momenti di bisogno ed evitare di strafare quando non serve.

7) La professione ti ha aiutato quindi a risolvere problemi tecnici, a cambiare il tuo modo di gestire te stesso, ma hai mai pensato di cambiare mestiere?
Nonostante la carriera vada benissimo, confrontandomi con colleghi ci chiediamo spesso se il gioco valga la candela, perchè rispetto al passato l'opera oggi non attrae più l'attenzione mediatica ed è diventato un settore di nicchia (soprattutto in Italia, perchè in realtà all'estero va benissimo!).
Oggi per fare la professione del cantante d'opera serve molta passione perchè economicamente e socialmente non si hanno gli stessi riconoscimenti del passato. A livello artistico si è costretti anche ad accettare cose che non si vorrebbero fare. Io sono fortunato perchè per quanto riguarda il repertorio essendo tenore ho un'ampia scelta e posso quindi decidere cosa fare, ma non è per tutti così e delle volte si è costretti ad accettare lavori e ruoli che non si vorrebbero, perchè le bollette sono da pagare per tutti!
Hanno un bel dire talvolta i melomani "non ha una vocalità adatta....", ma se non si ha scelta, uno deve accettare i lavori che vengono offerti.
Per fortuna, ripeto, non è il mio caso e io anche se devo fare 40 recite consecutive, ho sempre la possibilità di scegliere io come alternare i ruoli.
Però al di là di questo, devo riconoscere che provo molte soddisfazioni e, se confrontato con altri lavori (che ho fatto da giovane, perchè ho iniziato presto a lavorare) devo riconoscere che questa professione al 90% è divertimento e quindi poi è difficile abbandonarla.

8) Quali sono i tuoi possimi impegni?
Devo fare Tosca a Marsiglia, poi avrò Der Rosenkavalier al Covent Garden e Travia a Chicago. Sono un po' in giro per il mondo.

Giorgio Berrugi - tenore 9) Quali sono le principali soddisfazioni che hai avuto?
Se leviamo mio figlio, dal punto di vista professionale, devo dire che quando mi capita di lavorare con un direttore veramente bravo (e non capita spesso perchè i direttori veramente bravi sono pochi) che fa esaltare alcuni aspetti musicali importanti, insieme con gli altri colleghi, mi sembra di toccare il cielo con un dito.
Sei troppo genirico. Vogliamo entrare nei dettagli! Facci un esempio concreto!
Una cosa a cui ripenso spesso è stata una Bohème diretta con Daniel Oren, Mimì era Maria Agresta e c'era Simone Piazzola come Marcello a Tel Aviv. Abbiamo fatto una prémière che porto ancora nel cuore e ci sono ancora persone che mi scrivono e me lo ricordano.
Oren è una persona che nel suo repertorio sa dare una carica enorme. La tensione con i colleghi è stata grande. Quando abbiamo finito eravamo un po' imbambolati, perchè uscire dal personaggio è stato difficile.
Oggi questo materiale un po' scarseggia, ma quando succede ti assicuro che è bellissimo.

10) Qual è il tuo peggior difetto?
Sono impaziente.

11) Un tuo pregio?
Sono una persona molto corretta. Anche quando mi arrabbio è sempre per rispetto nei confronti della partitura e dell'autore.
Oggi molti registi sono creativi, magari sono persone con idee meravigliose che però forse proprio perchè hanno molta creatività penso che la esprimerebbero meglio in un film, non in un'opera scritta da un altro per avere la presunzione di riscriverla da zero. 
Spesso, soprattutto gli stranieri, hanno un'idea dell'opera che non è quella che è scritta dall'autore e per noi italiani è difficile. Se per esempio devo cantare "Vado a prendere una sedia" e il regista ti dice che su quella frase devi aprire la finestra... insomma, lì mi arrabbio.
Però non è per mio divismo, ma è per rispetto nei confronti dell'autore.
Quando ero in orchestra si aveva molto rispetto per Beethoven, per Mozart.... perchè non si deve avere lo stesso rispetto per il compositore d'opera?
Non è sempre così, perchè ci sono molti registi italiani moderni molto preparati.

12) Tu quanto studi?
Quel che serve. Io faccio sempre un'ora di vocalizzi, perchè sono un diesel come voce. Dopo tre ore che canto diciamo che sono pronto per iniziare... (risata)!
Però anche nello studio bisogna gestirsi in base a quel che si deve fare. In questi quindici giorni ho tre spartiti da ripassare e devo dosarmi.

13) Cosa consigli ai giovani che stanno iniziando la carriera?
I miei consigli sono questi: se una persona non appartiene a determinati ambienti privilegiati, l'unica cosa su cui si può lavorare è il merito.
L'unica speranza è lavorare su se stessi e non pensare che se non ti scelgano sia colpa degli altri.
Se una persona va a lezione da grandi nomi, non si va per far sentire quanto si è bravi, ma per imparare qualcosa.
Bisogna avere la consapevolezza che bisogna sempre imparare.
La carriera non si intraprende stando a casa aspettando che qualcuno ti chiami, ma bisogna muoversi. In Germania ci sono audizioni due volte al mese in tutti i teatri e ascoltano tutti, anche chi non ha un agente.
Pensa che dagli Stati Uniti ci sono ragazzi che si organizzano e partono per un mese o due, scrivono a tutti i teatri e fissano le audizioni, si fanno un programma di viaggoi per incastrare tutti i giorni o anche due volte al giorno le audizioni per farsi conoscere.

Io imparo poi tantissimo dai colleghi che mi circondano. Bisogna essere umili e aperti per capire come funzionano certe dinamiche e regolarsi.

Poi troppi cantanti italiani si buttano subito sul repertorio veristico e si rovinano presto, mentre all'estero si fa molto Mozart e Rossini e solo tardi approcciano il repertorio verista.

Ti ringraziamo Giorgio per il tempo che ci hai dedicato e che hai rubato al tuo studio e ti auguriamo tanta fortuna e tante soddisfazioni.
Grazie mille!

 
 
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