Grande impegno e professionalità è stata dimostrata dagli artisti che, con grande entusiasmo e voglia di fare cultura, si sono dovuti confrontare con una situazione di profondo disagio e che hanno saputo gestire con notevole apertura mentale, facendo comunque intuire quello che nella realtà dell'opera – il “pancione” verdiano – doveva essere rappresentato.
La difficoltà creata loro dai colleghi che hanno preferito rimanere a casa non è riuscita a eclissare la grande preparazione, soprattutto professionale, dei cantanti e dei musicisti che hanno voluto in ogni modo presenziare davanti ad un pubblico che, nonostante lo sciopero e la rappresentazione in forma concertistica, voleva esserci.
Troppo spesso si dà spazio a chi cerca il “suo” diritto allo sciopero, ma ora si sta rasentando il ridicolo, facendo diventare i teatri italiani lo zimbello di tutti. Invece in questo caso devono essere plaudite e ricordate le persone che coscienziosamente si sono presentate al lavoro, consapevoli che il loro ruolo va ben oltre il semplice “posto fisso” poiché la cultura non può essere fermata da uno sciopero. Anche il Soprintendente c'era e, pur riconoscendo il sacrosanto diritto a questo tipo di protesta, ha voluto affermare e sottolineare il valore di chi ha scelto di rispettare la musica, il lavoro e il pubblico pagante.
A nulla è mancata la parte scenografica e se macchinisti, elettricisti e tutte le altre categorie scioperanti volevano mandare un messaggio, quello arrivato al pubblico è che si può fare a meno di loro. Storicamente hanno sortito migliori risultati le proteste in cui si sono svolti i cambi scena e le attività dietro le quinte a sipario aperto, mostrando agli spettatori il grande lavoro che sta dietro alla mastodontica macchina dell'opera.
Zubin Mehta sale ancora una volta sul podio della sua
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dirigendo con la consueta precisione, quasi meccanica, dell'ultimo capolavoro verdiano, esaltando ancora di più, come si conviene in questo tipo di rappresentazioni “fuori buca”, il gigantesco spartito scritto da un genio ottantenne che non ha saputo far altro se non perfezione. La guida di Mehta è ineccepibile. Il solo neo è causato dall'assenza di prove di questo nuovo assetto stabilito nella serata del 12 dicembre, dove certi suoni non erano così equilibrati come invece sarebbero stati se l'orchestra fosse stata in buca e i cantanti in scena.
Buonissima anche la prova del Coro diretto da Lorenzo Fratini.
Roberto De Candia è un eccellente protagonista. La sua voce è piena e brillante e dimostra di saper dispiegare la parte musicale con ottima disinvoltura, coadiuvato da una certa omogeneità nella linea di canto, dove il passaggio dai centri agli acuti è particolarmente morbido ed agevole. Anche la resa del personaggio è di una certa levatura e riesce a trasmettere ogni emozione dal sedile della sua poltrona, accomodato in proscenio accanto a Metha.
Eva Mei è la brava cantante di sempre e nei momenti in cui
Alice si prodiga in alcune frasi di una certa lunghezza, tutta la sua arte del belcanto ne esce pienamente vincente, mentre appare un poco sottotono nelle frasette più assimilabili al parlato, poiché non riesce a sfoggiare la sua linea di canto tipicamente classicista e romantica.
Alessandro Luongo è un Ford non particolarmente stentoreo, ma bravissimo e musicalissimo e rende magistralmente la scena del Signor Fontana, passando dal comico al drammatico coi giusti accenti ed intonazione perfetta, anche se il suono, negli acuti più estremi, lo si preferirebbe più squillante.
Elena Zilio porta sulle spalle oltre quaranta anni di carriera e la sua interpretazione di
Quickly è indubbiamente una lezione per gli interpreti più giovani. Chiaramente la voce ha subito gli effetti della senescenza, ma la tecnica, la pienezza di suono, il volume vocale e la linea di canto sono di una levatura davvero notevole e da prendere come esempio.
Ekaterina Sadovnikova è una Nannetta limpida, precisa e corretta. La resa canora di “Sul fil d'un soffio etesio” è ottima nella lettura dello spartito, ma insipida e povera di colore. Occorre sottolineare che si sente e si vede moltissimo la differenza con gli altri interpreti, che non mancano di calore italiano.
Anche Yijie Shi ha fatto suo il canto all'italiana e il suo è un
Fenton luminoso e puntuale, seppur poco veemente e appassionato. Adorabili i pianissimi di “Dal labbro il canto estasiato vola”.
Laura Polverelli è perfettamente a suo agio nella parte della comare
Meg Page, sia vocalmente sia scenicamente, come pure il musicale e sonoro
Carlo Bosi nel ruolo di Cajus.
Meno efficaci gli stiracchiati
Gianluca Sorrentino e Mario Luperi nei panni di
Bardolfo e Pistola.
Ancora un plauso agli artisti, che hanno indossato il costume di scena e si sono prodigati in un'interpretazione eccellente senza alcuna scenografia, aiutati solo dalla loro professionalità e dalla voglia di celebrare il compositore più rappresentato al mondo, artista italiano che ha condotto le sue proteste senza mai danneggiare gli altri, soprattutto il suo pubblico e che nella vita politica, prima come deputato, poi come senatore, ha servito il suo Paese senza chiedere nulla in cambio, nemmeno il rimborso di un biglietto del treno.
W VERDI.
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