La musica che Verdi scrisse per commemorare il primo
anniversario della morte di Alessandro Manzoni è generalmente
annoverata tra le composizioni sacre, ma ciò non accade a Parma, patria del
Cigno, dove la Messa da Requiem è unanimemente inclusa nel catalogo delle 27
opere teatrali. Ed è proprio così, poiché ogni volta che la si esegue come si
deve, ascoltandola ci si rende conto di trovarsi di fronte ad un dramma umano,
fatto di sentimenti e di passioni.
Le coriste del Teatro Regio di Torino con le spalle coperte
da uno scialle rosso, i quattro solisti accomodati accanto al coro pressoché
composto da un centinaio di elementi e, di fronte a loro, i quasi cento
professori d'orchestra disposti a semicerchio, sono la naturale scenografia di
questa rappresentazione.
Il vero perno di questa complessa geometria è il direttore musicale del
teatro Gianandrea Noseda che dirige con la consueta precisione,
sapendo però arricchirla di colori robusti, cromatismi decisi, intensità
drammatica e, di conseguenza, forti emozioni che portano alle lacrime. La sua
guida è una vera e propria danza sul podio; la sua bravissima orchestra e
l'eccellente Coro diretto da Claudio Fenoglio sono i magnifici
esecutori della sua coreografia. Esemplari gli ottoni, vero e proprio fiore
all'occhiello dei complessi artistici del Regio.
Erika Grimaldi sostituisce l'annunciata Hui He
e lo fa con buon uso dei propri mezzi, pur non essendo propriamente indicati per
questo ruolo. Non v'è dubbio che la soprano astigiana sia dotata di musicalità e
buona tecnica di canto, sapendo infatti adottare i giusti compromessi nelle note
più basse senza rischiare di affossarsi, né di emettere suoni poco piacevoli.
Certamente il punto forte sono gli acuti, che sono ben incanalati, con la gola
dritta, sui quali si mantiene limpida e sonora. Manca però di accento drammatico
nella prima parte del “Libera me”, mentre la ripresa col coro è
migliore. Eccellenti piani e pianissimi nel Requiem intermedio.
Daniela Barcellona è da considerarsi un'espertista del ruolo
e in questa occasione, se possibile, si mostra ancora più adeguata, con una
linea di canto morbida e pulita dalle note più gravi fino alle più acute, ma
soprattutto encomiabile nel fraseggio.
Gregory Kunde, in sostituzione di Jorge de Leon,
è una piacevolissima sorpresa. Se negli ultimi anni la rincorsa all'eleganza ha
portato tanti Nemorino e altrettanti Don Ottavio ad
interpretare la Messa di Verdi, con conseguente arricchimento
di mezze voci e di falsetti – e ciò anche a causa della scarsità di tenori più
spinti in grado di essere un poco raffinati – Gregory Kunde
dimostra che è possibile essere aggraziati e saper fare i colori anche quando si
possiede una voce particolarmente piena e stentorea. Anche Otello,
Enea e Vasco de Gama possono essere delicati nell' “Ingemisco”,
ma con accenti, intenzioni e soprattutto suoni limpidi e svettanti che sanno
dipingere il dramma in maniera spaventosa e non impaurita. C'è differenza.
Michele Pertusi in ogni personaggio, ma soprattutto in
questa rappresentazione, sa uccidere lo spettatore a colpi di fraseggio, con
un'espressività che non ha eguali. Il tutto condito da un'attenzione maniacale
alla purezza del suono e all'articolazione della parola. L'unico neo è che in
questa lettura di Noseda, particolarmente intensa, si sarebbero
preferite voci di soprano e di basso più scure e robuste.
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