Assistere ad Orphée et Eurydice di Christoph
Willibald Gluck messo in scena da Christian Spuck alla
Staatsoper di Stoccarda con gli occhi di italiano, sicuramente
acquisisce un significato profondo in merito alla decadenza del mondo dell'arte
nel Bel Paese.
La scena ideata da Christian Schmidt non è altro che la sala
dismessa di un vecchio cinema teatro del Novecento e la discesa all'inferno di
Orfeo sembra diventare l'inesorabile degrado culturale in Italia anche se,
fortunatamente, la resurrezione di Euridice lascia trasparire qualche piccola
speranza. Gli adeguati costumi sono di Emma Ryott e le belle
luci di Reinhard Traub.
Christian Spuck è anche eccellente coreografo di
quest'opera, che nella sua versione parigina, andata in scena dodici anni dopo
la prima viennese, si arricchisce di parecchia musica, soprattutto per le danze,
sapientemente eseguite dallo Stuttgarten Ballet, i cui membri
si prodigano in due ore di movimenti coreografici contemporanei che sanno
raccontare egregiamente la tragicità gluckiana.
Dunque non solo Orfeo è accompagnato da ninfe e pastori, furie e spettri,
eroi ed eroine, qui rappresentati dal coro e dal corpo di ballo, ma anche dai
cherubini di Amore, di cui uno fidato che lo conduce personalmente nel lungo
cammino, prima nell'Ade, poi nei Campi Elisi, infine nel tempio dedicato a
Cupido.
Nicholas Kok dirige col giusto gusto francese la
Staatsorchester Stuttgart, mantenendo dunque inalterato lo stile voluto
dall'Opéra di Parigi, elegante e grandioso, ma perdendo un po' di drammaticità,
di quell'effetto tragico insito nel fraseggio tanto caro a Gluck e Calzabigi.
Eccellente anche il lavoro svolto dallo Staatsopernchor Stuttgart guidato da
Michael Alber.
Stuart Jackson è un bravo Orfeo, che sa accomodarsi
nella difficile parte originariamente scritta per castrato, poi riadattata per
controtenore e solo recentemente affrontata dalla nuova generazione dei
contraltini. Qualche piccolissimo attrito, in taluni passaggi negli acuti più
estremi, non gli impedisce comunque di ottenere un buon successo personale.
Irma Mihelic è una Euridice particolarmente
azzeccata, sia nella vocalità dolce e suadente, sia nell'interpretazione soave e
delicata. Le fa da ombra l'altrettanto preparata Meike Hartmann.
Maria Koryagova è Amore, simpatica, allegra, forse
un poco spinosa nella vocalità, ma corretta ed interessante.
Strepitoso successo per tutti gli interpreti, soprattutto per i cantanti e i
ballerini protagonisti, acclamati da un pubblico numeroso che gremiva ogni posto
del teatro.
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