La commedia di Carlo Gozzi musicata da Sergej Prokof'ev
è un capolavoro teatrale assoluto, un divertissement senza senso, ma con un suo filo logico e una sua morale, sapientemente musicato in un'equilibrata fusione di stili.
E con il medesimo agio, come in una perfetta mescolanza di essenze atte a creare una sola fragranza,
Alessandro Talevi riesce a creare uno spettacolo intelligente, vivace, dal sapore lievemente retrò, ma allo stesso tempo incredibilmente contemporaneo.
Così l'Europa che si affaccia alla prima guerra mondiale, con l'imminente crollo dei suoi imperi centrali, è il luogo da cui il principe – come l'autore – cerca di fuggire, in cerca di una terra promessa – l'America – che gli possa far tornare la gioia di vivere, ridere e amare.
È piacevole ritrovare in scena il vecchio imperatore Francesco Giuseppe, le suffragette, i riferimenti alla legione straniera, ma anche gli accenni al cinema di Charlie Chaplin, alle commedie dei fratelli Marx, ad Alice nel paese delle meraviglie, al circo, alla casa degli spettri dei parchi di divertimento. Parrebbe un'accozzaglia di idee incastrate l'una sull'altra, invece il lavoro di
Talevi è sottile, ben riuscito e tutto acquisisce un significato unico dal sapore dolce: il trionfo dell'amore – ovunque esso sia – senza compromessi e a discapito di nulla.
Eccellenti i costumi di Manuel Pedretti, che sanno caratterizzare i personaggi in maniera inconfutabile, mantenendo il medesimo stile pur provenendo da ambienti e tempi differenti, alcuni nati dalla fantasia, altri realmente esistiti e rimasti nella storia. Efficacissimo l'ambiente scenico di
Justin Arienti, che si rifà al teatrino e all'opera con le scene dipinte, così appare perfetto a raccontare la vicenda dell'amore delle tre melarance come
Talevi l'ha voluta.
Ma l'ottima mano del regista non si vede solo dall'impianto, ma soprattutto dal gesto e dall'azione dei personaggi, dai movimenti delle masse e dalle controscene. Encomiabile il lavoro svolto con
Les Ridicules, divertenti deus ex machina della commedia.
Juraj Valčuha dirige con buon polso l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, sempre attento ad un buon equilibrio fra le parti e una certa omogeneità nel risultato complessivo.
Buona anche la prova del Coro diretto da Lorenzo Fratini.
Sul fronte vocale Jean Teitgen, nei panni de Le Roi de Trèfles, la fa da padrone in quanto ad importanza di mezzi e solidità d'esecuzione. Molto buona anche la prova del
Trouffaldino di Loïx Félix, pur con qualche acuto non perfettamente pulito, dell'imponente
Pantalon di Leonardo Galeazzi, ma soprattutto della
Sméraldine di Larissa Schmidt, personaggio divertente e riuscitissimo, sorretto da buona e musicale linea di canto.
Più che soddisfacente Le Prince di Jonathan Boyd, ingenuo quanto basta,
La Princesse Clarice di Julia Gertseva, spietata ma giustamente non eccessiva, la
Ninette di Diletta Rizzo Marin, leggiadra e sognante,
Le Magicien Tchélio di Roberto Abbondanza, sempre troppo buono, eroe quasi televisivo del trionfo del bene sul male.
Riuscitissimi i personaggi di Fata Morgana e de La Cuisinière, anche se
Anna Shafajinskaia e Kristinn Sigmundsson non si prodigano in un canto particolarmente corretto, come pure
Davide Damiani nei panni di Léandre.
Efficaci Linette e Nicolette – Martina Belli e Antoinette Dennefeld –
Farfarello, Le Maître de Cérémonies e Le Héraut – Ramaz Chikviladze, Andrea Giovannini, Karl Huml.
Bravissimi Les Ridicules di Dario Shikhmiri, Saverio Bambi, Alessandro Calamai e degli allievi del conservatorio
Luigi Cherubini di Firenze: Artem Terasenko, Yerzhan Tazhimbetov, Edoardo Ballerini, Sung-Cehn Kang, Silvano Bocciai, Lukas Zeman, Dielli Hoxha.
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