Il 77º Maggio Musicale Fiorentino approda col melodramma nel nuovo
teatro dell'Opera con Roberto Devereux di Gaetano Donizetti,
proposto in forma concertistica, anche forse per la mancanza degli impianti
scenici che ancora non sono stati trasferiti dal vecchio Comunale.
Appuntamento assolutamente imperdibile per gli appassionati del belcanto,
soprattutto per la presenza di Mariella Devia che conclude, in
tre anni consecutivi, la trilogia Tudor, conosciuta come tale, ma che in realtà
è una tetralogia, in quanto la Bolena è storicamente preceduta dalla meno
conosciuta Elisabetta al castello di Kenilworth e la speranza è che la si possa
ascoltare al prossimo Maggio, magari sempre con la partecipazione del celebre
soprano, avendola già debuttata al Festival Donizetti di Bergamo.
La signora Devia è, come sempre, un esempio di perfezione
tecnica – nonostante qualche piccolissimo cedimento, certamente dovuto
all'avanzare dell'età, talvolta nell'intonazione come nel primo recitativo,
talaltra nelle note più basse – ma in questa occasione sa anche trasmettere una
certa emotività nel personaggio, con un fraseggio che non è solo al servizio
della musica, ma che in certi punti diventa anche espressività sentimentale.
Mariella Devia, pur non avendo più un certo smalto, sa eseguire
ancora dei passaggi mirabili, come nelle arie e cabalette di primo e terzo atto
– sinceramente inarrivabile ed ineguagliabile è “Quel sangue versato” –
mentre in altri momenti si fa sentire la mancanza di intensità drammatica, come
nel finale secondo “Va'; la morte sul capo ti pende”.
Celso Albelo, nel ruolo del titolo, compie un vero prodigio.
Già più volte si è scritto della sua bellezza vocale, tale da avere pochi
paragoni, ma in parte sprecata, poiché naturalmente dotata per arrivare alla
perfezione, ma che frequentemente non raggiunge a causa di certe mancanze
tecniche o apparente svogliatezza. Invece, in questa occasione, Albelo
appare sempre elegantissimo, senza sbavature, in netto miglioramento sui fiati
che stavolta sono ben sostenuti. Già si presenta in ottima forma nei bellissimi
duetti con Devia e Amarù, ma è ancora più
eccellente nella resa di aria e cabaletta, generoso, squillante, raffinato e
soprattutto molto omogeneo.
Paolo Gavanelli sostituisce l'indisposto Gabriele
Viviani e la sua voce, purtroppo, presenta segni evidenti di
senescenza, soprattutto nel tremolio, nell'eccessivo vibrato e nella tenuta
degli acuti, quasi sempre eseguiti solo in forte. Ciononostante dimostra di
possedere un ricchissimo ed eloquentissimo fraseggio, abbondante di cromatismi e
colori bellissimi, con dei piani e dei pianissimi da manuale.
Chiara Amarù, che già da anni, anche in ruoli meno
importanti, esibisce chiaramente le sue doti vocali, nel ruolo di Sara
riesce a mettere in evidenza ulteriori qualità, soprattutto nel canto spianato e
nell'interpretazione drammatica. Già dall'aria di apertura ci si può deliziare
del suo colore brunito ma facile all'acuto, della sua morbidezza e
dell'omogeneità su tutta la linea di canto, della delicatezza dei pianissimi e
dei filati. Strabiliante la cabaletta del duetto con Celso Albelo;
intensa l'interpretazione del duetto con Paolo Gavanelli.
Limpido e sonoro il Cecil di Antonio Corianò,
efficaci il Raleigh di Gabriele Sagona e il
paggio/familiare di Davide Giangregorio.
Discreta la prova del Coro del Maggio Musicale Fiorentino
diretto da Lorenzo Fratini.
Sul podio è Paolo Arrivabeni, che inizialmente appare un
poco moscio, ma già sul finire della sinfonia riprende il giusto piglio, pur
guidando un orchestra che non sempre si prodiga in suoni perfettamente puliti
nella primissima parte. Buona l'esecuzione a partire dalla metà di primo atto.
Magnifica la scelta di proporre la bellissima partitura – purtroppo poco
rappresentata – con tutti i da capo.
Eccessivi i posti vuoti in platea.
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