Recensione opera Tristan und Isolde di Wagner al Maggio Musicale FiorentinoWilliam Fratti, 16/05/2014 | In breve: Firenze - Recensione dell'opera lirica Tristan und Isolde di Richard Wagner in scena al Maggio Musicale Fiorentino il 7 maggio 2014 | |
| Il LXXVII Maggio Musicale Fiorentino si inaugura con un nuovo allestimento di
Tristan und Isolde, opera emblematica di Richard Wagner, forse maggiormente intrisa di filosofia di quanto non lo siano gli altri suoi lavori.
La ricerca psicoanalitica, l'essenza dell'essere, l'esclusione della razionalità conscia, lo scorrere inesorabile del tempo verso la fatalità, la cruda condanna già scritta e immutabile, sono tutte caratteristiche ben presenti nella musica del compositore tedesco e magistralmente reinterpretate e messe in scena da
Stefano Poda, che firma uno spettacolo che non è altro che un viaggio nell'anima dei protagonisti, escludendo quasi completamente la vicenda dal palcoscenico, prediligendo il cammino interiore. Del resto ciò accade anche nel libretto di
Wagner: l'azione può essere ricondotta solo a qualche breve momento; il resto è un racconto continuo e centellinato di sentimenti e di ciò che si muove nel mondo dell'io.
Il lavoro di Poda potrebbe essere affiancato a quello dei migliori coreografi di teatro danza contemporaneo; gli effetti luci sono di una eccezionalità tale da avere ben pochi degni concorrenti. L'avvicendarsi della storia è indubbiamente lentissimo, ma perfettamente in linea con l'angoscioso scendere verso l'oblio. Ed ogni scena è una vera e propria cartolina.
Se questo spettacolo fosse un film riceverebbe certamente la candidatura all'oscar per la miglior fotografia.
Zubin Mehta torna alla complessa partitura wagneriana con la sua consueta precisione. Il suono dell'Orchestra del Maggio è pulitissimo, la sottigliezza dei pianissimi è raffinatissima, l'intensità dei crescendo è magnificamente potente. Davvero suggestivo il duetto di secondo atto – soprattutto nelle pagine dedicate all'arpa suonata da
Susanna Bertuccioli – e il magico finale ultimo.
Azzeccato il Tristan di Torsten Kerl, soprattutto nell'interpretazione misurata, ben amalgamata alla visione filosofica di
Poda. Il tenore è inoltre dotato di bella voce limpida, con una linea di canto ben omogenea, mai troppo slanciata –seppur non particolarmente stentorea – per cui risulta giustamente elegante.
È invece più sgraziata l'Isolde di Lioba Braun, che si trova a suo agio nei numerosissimi passaggi centrali, pur con qualche fastidiosa nota calante, mentre è in forte difficoltà negli acuti più estremi, quasi mai emessi in maniera corretta.
Dignitoso il König Marke di Stephen Milling, dotato di grande musicalità, voce piena e corposa, nonché autorità interpretativa.
Meno efficace la Brangäne di Julia Rutigliano che innanzitutto appare forse troppo chiara per il ruolo. Detto ciò risulta corretta nei centri, ma un poco tirata negli acuti.
Juha Uusitalo è la nota più dolente della serata, poiché il suo
Kurwenal sembra quasi sempre fuori intonazione, come se fosse inflitto da una seria indisposizione. Le note alte sono pressoché affaticate e calanti.
Positivo il Melot di Kurt Azesberger; quasi accettabili
Ein Steuermann di Italo Proferisce e Ein junger Seemann/Ein Hirt
di Gregory Warren.
Ben eseguita anche la parte del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da
Lorenzo Fratini, soprattutto sotto il profilo drammaturgico.
Copiosi applausi per Mehta al termine del primo e secondo atto; tiepidi consensi al termine della lunga serata, scanditi dal fuggire di una platea molto, ma molto lontana dall'essere esaurita.
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