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Recensione opere Eine florentinische Tragödie e Gianni Schicchi al Teatro Regio di Torino

William Fratti, 11/04/2014

In breve:
Torino - Recensione delle opere liriche Eine florentinische Tragödie di Zemlinsky e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini in scena al Teatro Regio di Torino il 29 marzo 2014.


Anche il Teatro Regio di Torino ha adottato la recente consuetudine di allestire il dittico Eine florentinische Tragödie e Gianni Schicchi, nonostante tale abbinamento appaia quasi una forzatura. La recente tradizione trova ragione nella medesima originale ambientazione, motivo quanto mai irrisorio essendo oggi consuetudine la trasposizione temporale e spaziale degli spettacoli d'opera. Forse è più adatto addurre al finale bizzarro della tragedia, che fa il paio con la commedia grottesca, ma anche questa sembra una forzatura.
Tralasciando queste quisquilie, poiché coi tempi che corrono nei teatri italiani l'importante è sentir cantar bene – cosa sempre più rara – e riguardo tale punto di vista la produzione torinese ne esce vincente.

Tommi Hakala, protagonista assoluto del capolavoro di Zemlinsky, si prodiga nel canto tipico dell'opera mitteleuropea di inizio Novecento in maniera davvero efficace, riuscendo a sovrastare la corposità orchestrale senza mai perdere la pulizia del suono o l'omogeneità della linea di canto, presentando un personaggio moderato e riuscito.

Lo accompagna l'altrettanto adeguato Zoran Todorovich, che porta sul palcoscenico una vocalità piena e squillante, mentre Ángeles Blancas Gulín appare leggermente più modesta seppur corretta, notandosi un certo disequilibrio coi due protagonisti maschili.

Lo spettacolo di Vittorio Borrelli, con scene a cura di Saverio Santoliquido e Claudia Boasso, costumi di Laura Viglione, luci ed effetti video di Vladi Spigarolo, pare intriso di una moderno gotico, anche se l'ambientazione assomiglia maggiormente alla biblioteca di un teologo che non alla casa di un mercante, seppur agiato.

La successiva Gianni Schicchi, opera facile da mettere in piedi in maniera approssimativa, molto difficile da eseguire accuratamente e veramente bene, si avvale di eccellenti interpreti italiani che si vorrebbe riascoltare in altri ruoli del repertorio pucciniano.

Carlo Lepore è un protagonista davvero riuscito, sia vocalmente, sia scenicamente, sapendo eseguire la parte con tutto il background che gli deriva dall'assidua frequentazione del belcanto buffo.

La tecnica rossiniana gli permette di cantare ogni nota affidata a Schicchi, senza perdersi nel parlato pur continuando a mantenere l'efficacia interpretativa.

Lo stesso vale per Francesco Meli che, provvisto di tutta la sua eleganza vocale, veste i panni di un Rinuccio che raramente si ha la fortuna di ascoltare. È inutile ogni altro genere di complimento trattandosi, come già detto più volte, di uno dei migliori tenori dell'attuale panorama lirico internazionale.

Lo affianca la moglie Serena Gamberoni nel ruolo di Lauretta, prodigandosi in un canto spianato ben riuscito sotto il profilo tecnico, eseguendo legati, appoggiature e acuti pieni – non in falsetto – come di rado avviene.

Silvia Beltrami veste nuovamente i panni di Zita, con il medesimo meritato successo da poco riscosso nel recente allestimento al Teatro Regio di Parma, importante nella voce, divertente nell'interpretazione, efficacissima nella mimica.

Ben eseguiti i ruoli di Betto e Simone da Fabrizio Beggi e Gabriele Sagona.

Concludono il cast Luca Casalin, Maria Radoeva, Sara Jahanbakhsh, Marco Camastra, Laura Cherici, Alessandro Busi, Ryan Milstead, Marco Sportelli nei panni di Gherardo, Nella, Gherardino, Marco, La Ciesca, Spinelloccio/Notaro, Pinellino e Guccio. Paolo Vettori è il divertente cadavere di Buoso Donati.

Vittorio Borrelli mette in scena uno Schicchi misurato, spiritoso quanto basta, senza eccedere nella comicità, pur abbandonando il carattere grottesco del capolavoro di Puccini che, a dire la verità, è davvero difficile da esprimere andando oltre a quanto già presente nella musica e nel libretto.

L'anello debole della produzione sta nella direzione di Stefan Anton Reck, che sembra particolarmente azzeccata in Eine florentinische Tragödie, mentre è molto confusionaria in Gianni Schicchi, soprattutto nei pezzi d'assieme.

 
 
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