Anche il Teatro Regio di Torino ha adottato la recente consuetudine di
allestire il dittico Eine florentinische Tragödie e
Gianni Schicchi, nonostante tale abbinamento appaia quasi una
forzatura. La recente tradizione trova ragione nella medesima originale
ambientazione, motivo quanto mai irrisorio essendo oggi consuetudine la
trasposizione temporale e spaziale degli spettacoli d'opera. Forse è più adatto
addurre al finale bizzarro della tragedia, che fa il paio con la commedia
grottesca, ma anche questa sembra una forzatura. Tralasciando queste
quisquilie, poiché coi tempi che corrono nei teatri italiani l'importante è
sentir cantar bene – cosa sempre più rara – e riguardo tale punto di vista la
produzione torinese ne esce vincente.
Tommi Hakala, protagonista assoluto del capolavoro di
Zemlinsky, si prodiga nel canto tipico dell'opera mitteleuropea
di inizio Novecento in maniera davvero efficace, riuscendo a sovrastare la
corposità orchestrale senza mai perdere la pulizia del suono o l'omogeneità
della linea di canto, presentando un personaggio moderato e riuscito.
Lo accompagna l'altrettanto adeguato Zoran Todorovich, che
porta sul palcoscenico una vocalità piena e squillante, mentre Ángeles
Blancas Gulín appare leggermente più modesta seppur corretta, notandosi
un certo disequilibrio coi due protagonisti maschili.
Lo spettacolo di Vittorio Borrelli, con scene a
cura di Saverio Santoliquido e Claudia Boasso, costumi
di Laura Viglione, luci ed effetti video di
Vladi Spigarolo, pare intriso di una moderno gotico, anche se
l'ambientazione assomiglia maggiormente alla biblioteca di un teologo che non
alla casa di un mercante, seppur agiato.
La successiva Gianni Schicchi, opera facile da mettere in
piedi in maniera approssimativa, molto difficile da eseguire accuratamente e
veramente bene, si avvale di eccellenti interpreti italiani che si vorrebbe
riascoltare in altri ruoli del repertorio pucciniano.
Carlo Lepore è un protagonista davvero riuscito, sia
vocalmente, sia scenicamente, sapendo eseguire la parte con tutto il background
che gli deriva dall'assidua frequentazione del belcanto buffo.
La tecnica rossiniana gli permette di cantare ogni nota affidata a Schicchi,
senza perdersi nel parlato pur continuando a mantenere l'efficacia
interpretativa.
Lo stesso vale per Francesco Meli che, provvisto di tutta la
sua eleganza vocale, veste i panni di un Rinuccio che raramente si ha
la fortuna di ascoltare. È inutile ogni altro genere di complimento trattandosi,
come già detto più volte, di uno dei migliori tenori dell'attuale panorama
lirico internazionale.
Lo affianca la moglie Serena Gamberoni nel ruolo di
Lauretta, prodigandosi in un canto spianato ben riuscito sotto il profilo
tecnico, eseguendo legati, appoggiature e acuti pieni – non in falsetto – come
di rado avviene.
Silvia Beltrami veste nuovamente i panni di Zita,
con il medesimo meritato successo da poco riscosso nel recente allestimento al
Teatro Regio di Parma, importante nella voce, divertente nell'interpretazione,
efficacissima nella mimica.
Ben eseguiti i ruoli di Betto e Simone da
Fabrizio Beggi e Gabriele Sagona.
Concludono il cast Luca Casalin, Maria
Radoeva, Sara Jahanbakhsh, Marco Camastra, Laura Cherici, Alessandro Busi, Ryan
Milstead, Marco Sportelli nei panni di Gherardo, Nella, Gherardino, Marco, La
Ciesca, Spinelloccio/Notaro, Pinellino e Guccio. Paolo Vettori
è il divertente
cadavere di Buoso Donati.
Vittorio Borrelli mette in scena uno Schicchi
misurato, spiritoso quanto basta, senza eccedere nella comicità, pur
abbandonando il carattere grottesco del capolavoro di Puccini che, a dire la
verità, è davvero difficile da esprimere andando oltre a quanto già presente
nella musica e nel libretto.
L'anello debole della produzione sta nella
direzione di Stefan Anton Reck, che sembra particolarmente azzeccata in
Eine
florentinische Tragödie, mentre è molto confusionaria in Gianni Schicchi,
soprattutto nei pezzi d'assieme.
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