“I miei lavori non si prestano a interpretazioni. Li guardi e li capisci”.
Così si esprime Fernando Botero durante l'intervista pubblicata
da Il Giornale. Ed è una verità assoluta, come tale ed indiscutibile è il suo
saper fare arte.
Interessantissima e meravigliosa è l'idea di Victor Garcia Sierra,
realizzata grazie a Nausica Opera International, di ispirarsi
alla serie pittorica Il Circo per una nuova produzione de
L'Elisir d'amore di Gaetano Donizetti. Gente del
circo, Domatore, Pierrot sono solo alcuni dei dipinti da cui Adina,
Nemorino, Belcore, Dulcamara e Giannetta prendono forma, così come
l'ambientazione in cui si svolge la vicenda.
Purtroppo, nonostante le premesse siano davvero eccelse – e fortemente
sostenute da una intensa campagna mediatica, nonché da grandi aspettative
ulteriormente inasprite dal costo dei biglietti – il risultato non è altrettanto
e tutto appare messo in scena molto frettolosamente.
L'allestimento è alquanto povero, composto da una mezza tenda girevole, da un
carro di legno poco più grande di un essere umano, un po' di stoffe svolazzanti,
qualche balla di fieno, dei miseri poster – talvolta storti – raffiguranti opere
di Botero, per non parlare delle diapositive esposte, una dopo
l'altra, come a un convegno universitario. Le quinte, che non riescono neppure a
coprire adeguatamente, sono di tela nera, neppure ben fissate a terra.
Anche le scelte di regia non sono delle migliori: come già scritto, superba è
l'ispirazione, ma sbrigativa e soprattutto già vista e rivista è la sua
realizzazione.
Decisamente superiori sono i costumi di Marco Guyon, che
riproducono molto fedelmente e con maggior pregio il mondo dell'artista
colombiano, anche se si sarebbe preferito l'utilizzo delle imbottiture per una
suggestione più intensa.
La fretta è purtroppo percepibile in tutto lo spettacolo, anche sul fronte
musicale, e lascia presupporre che le prove a disposizione non siano state
sufficienti.
Eva Mei, da cui i melomani disattesi si aspettavano prodezze
pirotecniche, ha interpretato molto elegantemente il personaggio di Adina,
raffinata nel canto, ma lontana dalle abilità di qualche anno fa.
Celso Albelo, come già ribadito più volte in molte
occasioni, possiede una delle voci più belle dell'attuale panorama lirico
internazionale, ma fa troppo affidamento sulle sue qualità naturali portando in
scena un Nemorino al di sotto delle sue possibilità. Ogni tanto si nota anche
qualche maltenuta dei fiati, che lo porta a spingere un po' eccessivamente in
certi passaggi. La celebre “Una furtiva lagrima” è bissata a
grandissima richiesta del pubblico.
Michele Pertusi, che recentemente ha rivolto in maggior
misura la sua attenzione ai personaggi del Cigno di Busseto, prodigandosi in
ottime esecuzioni, ma non superando l'eccellenza dei grandi interpreti verdiani,
resta indiscutibilmente uno dei migliori nel repertorio belcantistico. Il suo
Dulcamara non ha eguali in classe, eleganza, gusto, morbidezza ed
omogeneità, senza parlare dell'esemplare espressività di fraseggio.
Manuel Lanza presenta una vocalità piena e corposa, ma cade
in qualche trappola al termine dell'aria di sortita. Tutto sommato il suo
Belcore è soddisfacente.
Meno interessante è la Giannetta di Anna Bordignon.
Accettabile, nel complesso dell'aura sbrigativa e sommaria della produzione,
la prova del coro e dell'orchestra Nausica Opera International,
in collaborazione con Coro dell'Opera di Parma e
Orchestra Filarmonica Italiana, diretti da Fabrizio Cassi.
Grandissimo successo per tutti al termine dello spettacolo.
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