Il Teatro Regio di Parma inaugura finalmente un stagione lontana non solo da
Verdi, ma anche dal repertorio più popolare e maggiormente presente nei teatri italiani.
L'apertura, alla vigilia di Sant'Ilario patrono della città, è con il dittico
Pagliacci di Ruggero Leoncavallo e Gianni Schicchi
di Giacomo Puccini, opere assenti dal palcoscenico parmigiano da molti decenni. Il solo appunto doveroso riguarda la scelta della commedia pucciniana, poiché altri teatri nelle vicinanze ne hanno annunciato la produzione da diverso tempo e molte altre opere in un atto potevano essere valutate in abbinamento col dramma verista, senza così il verificarsi di accavallamenti, come già lo scorso anno con
Simon Boccanegra.
Oppure ancora poteva essere effettuata una coproduzione, risparmiando il denaro del contribuente, per poterlo investire in un miglioramento del cast artistico. Lo stesso vale per la decisione di effettuare recite fuori abbonamento: avendo annunciato la stagione molto tardi e avendo perso pubblico con i problemi degli ultimi anni, il Regio non riesce più a registrare il tutto esaurito, se non in alcuni casi, e l'economia prodotta con l'esecuzione di una serata in meno avrebbe potuto risolvere altri problemi.
Federico Grazzini firma entrambi gli spettacoli, con
Andrea Belli alle scene, Valeria Donata Bettella
ai costumi e Pasquale Mari alle luci ed ottiene un successo più che meritato.
La trasposizione temporale e scenica al mondo dell'avanspettacolo degli anni Quaranta per
Pagliacci e al genere cinematografico della commedia all'italiana degli anni Sessanta per
Gianni Schicchi è estremamente funzionale, oltreché interessante nell'ammodernare due vicende che trattano argomenti e tematiche evergreen.
Un plauso particolare è da rivolgersi all'azione e alla gestualità degli interpreti – non solo i solisti, impegnati prima nel vero di Leoncavallo, poi nel ritmo di Puccini, ma anche l'eccellente
Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani e il bravissimo
Coro di voci bianche e giovanili Ars canto Giuseppe Verdi guidato da
Gabriella Corsaro, sempre in movimento, soprattutto nelle retroscene – nonché alle diverse ambientazioni, soprattutto quelle di
Pagliacci, dove si presentano tre scene differenti, ben costruite e altamente realistiche, prima fra tutte l'apertura, con l'arrivo in treno della compagnia di commedianti.
Francesco Ivan Ciampa, sul podio della brava Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna, dirige con sicurezza, buon gesto e ampio respiro.
Purtroppo la parte vocale non sortisce il medesimo effetto positivo.
Marcello Giordani ha un bell'acuto limpido e ben impostato in avanti, ma non è sufficiente per portare a casa la recita. Non sempre regge l'intonazione, certi passaggi sono forzati e in alcuni momenti è chiaramente affaticato. “Vesti la giubba” è la parte più soddisfacente del suo
Canio, ma la reazione del pubblico non è del tutto positiva. In “Sperai, tanto il delirio” è decisamente stonato e tirato al limite.
Kristin Lewis, come già ribadito in più occasioni, è una brava cantante, una capace attrice e una bella presenza in palcoscenico, ma la sua dizione e il suo fraseggio non sono assolutamente spendibili nel repertorio italiano, almeno nel nostro Paese. In passato tali problemi si sono potuti perdonare ad alcune compiante artiste, ma si trattava di fuoriclasse, cantanti uniche al mondo, ciò che non è la
Lewis e avrebbe assolutamente bisogno di prendere lezioni di pronuncia. Tra l'altro, in questa occasione, è completamente fuori parte: colore e timbro sono troppo scuri e nonostante la sua solida tecnica vocale, che le permette di alleggerire mantenendo saldo l'appoggio e l'intonazione, non riesce a rendere adeguatamente le belle pagine dedicate a
Nedda, soprattutto durante l'aria e il duetto con Silvio, dove gli acuti sono sempre presi da sotto ed emessi quasi in falsettone. Ciononostante il loggione, probabilmente inferocito col tenore come di sua consuetudine, la lascia passare indenne. Ma i melomani più presenti si continuano a domandare dove siano le orecchie dei dirigenti quando ci sono le prove e soprattutto se sia necessario andare all'estero a prendere cantanti inadatti, soprattutto per ruoli relativamente semplici come questo. Sarebbe bastato guardare tra le file di platea per poter trovare un soprano più opportuno in tale ruolo.
Elia Fabbian è un Tonio convincente, dotato di un bell'accento lirico e bravo nell'uso dei colori durante i cantabili, anche se va notato che alcune note non sono perfettamente pulite, ma non è chiaro se la colpa di tale effetto sia da attribuire ad una eventuale indisposizione respiratoria.
Marcello Rosiello parte in sordina nel ruolo di Silvio, ma col procedere della parte sa far sentire la sua voce brillante e nelle lunghe frasi al termine del duetto con
Nedda esegue dei bei legati e dei piani davvero piacevoli.
Vellutato ed omogeneo il Peppe di Davide Giusti, efficaci i ruoli comprimari di
Alessandro Bianchini e Demetrio Rabbito.
Elia Fabbian veste i panni anche del condannato Schicchi e lo fa con estrema disinvoltura, anche se in tale ruolo predilige il parlato al canto vero e proprio.
Lo affianca la brava, dolce e delicata Lauretta di Ekaterina Sadovnikova, che dopo “O mio babbino caro” strappa al pubblico il primo vero applauso della serata, anche se la parte è molto semplice e non è sufficiente a permettere di esprimere un giudizio vero e proprio sulle sue qualità canore.
Davide Giusti, pur avendo reso correttamente l'aria di
Arlecchino in Pagliacci, interpretando Rinuccio si trova ad avere a che fare con l'orchestrazione pucciniana ed in questo caso la sua voce è pressoché coperta dall'orchestra.
Silvia Beltrami è una Zita eccellente, sia nella recitazione sia nel canto. Da notarsi l'omogeneità nel passaggio all'acuto. È un vero peccato che il ruolo non preveda dei cantabili.
Molto buona anche la prova di Stefano Rinaldi Miliani nelle vesta del dottore e del notaro.
Positive anche le prove di Matteo Ferrara e Gianluca Margheri nelle parti di
Simone e Betto.
Efficaci Matteo Mezzaro, Eleonora Contucci, Marcello Rosiello, Matteo Mazzoli, Romano Dal Zovo.
Più opportuna scenicamente che vocalmente La Ciesca di Romina Boscolo.
Brevi applausi al termine della serata.
Il Teatro Regio di Parma ha dedicato la recita inaugurale della Stagione Lirica 2014 a Elena Formica, concittadina mancata lo scorso 7 dicembre, giornalista che ha dedicato amore e passione al teatro d'opera. |