Il Teatro Carlo Felice di Genova, nell'ambito delle
Celebrazioni del Bicentenario Verdiano, onora la memoria del suo invernale
concittadino con l'esecuzione di un Otello ben riuscito sotto
ogni punto di vista, certamente non senza alti e bassi, ma con una qualità
generale così importante da far uscire soddisfatto dalla sala un buon numero di
spettatori pignoli e generalmente difficili da accontentare.
Lo spettacolo di Davide Livermore, che sempre di più si sta
affermando come uno dei migliori registi d'opera dell'ultimo decennio, creato
per il Palau de Les Arts Reina Sofia di Valenza, si avvale di
un solo impianto scenico – firmato dallo stesso Livermore e da
Giò Forma – composto di cerchi più o meno concentrici che, nel
finale primo, portano romanticamente l'immaginario agli anelli di Saturno, come
se l'amore tra Otello e Desdemona avvenisse tra – e non sotto – le stelle.
Ogni situazione della vicenda, sapientemente coadiuvata da un eccellente
impianto luci dello stesso regista, da poche ma efficacissime proiezioni e da
qualche piccolo elemento di attrezzeria, è retta da una regia fisica e
psicologica puntualissima, mai monotona, bensì sempre attenta al movimento
corporeo e mentale dei personaggi. Emblematica è l'Ave Maria di
Desdemona, che appare come una piccola bambina indifesa, rannicchiata in
posizione fetale nel chiedere aiuto alla Madonna, all'interno di quei cerchi di
malvagità che le si sono stretti addosso.
Di pregio anche i costumi di Marianna Fracasso e
Davide Livermore, nonostante non sia particolarmente
comprensibile la scelta delle acconciature femminili, a cresta rosa.
Il quasi sessantenne Gregory Kunde si dimostra nuovamente,
oggi, un eccellente esecutore del repertorio lirico spinto e ciò lo si nota
subito da “Esultate!”. Contrariamente a qualche piccola difficoltà
incontrata negli ultimi ruoli donizettiani interpretati, dove una tessitura più
delicata, nonostante fosse eroica, non lo aiutava, con le parti più spinte si
trova certamente a suo agio, incarnando alla perfezione ciò che un tempo era
definito come fort ténor. L'intonazione è sempre perfetta, la voce sempre in
avanti, i piani e i fortissimi sono giustamente al loro posto, come pure gli
accenti, nel rispetto dello spartito verdiano. La chiusura del finale primo, con
“Venere splende” è davvero emozionante. Buona la resa di secondo atto,
ma se possibile ancora migliore è “Dio! Mi potevi scagliar tutti i mali”.
Lo affianca un'altrettanto esemplare Maria Agresta nei panni
di Desdemona, che appare leggermente in sordina nei primi tre atti, ma
la colpa è del compositore. Il soprano esegue la parte nel totale rigore della
partitura, accentuando i passaggi dolci e quelli forti così com'è scritto.
Verdi desiderava porre l'attenzione sulla relazione tra
Otello e Jago, ancora meglio sullo sviluppo della gelosia del
protagonista. Ecco perché, nel rispetto degli equilibri, la quasi totalità del
finale è dedicata a Desdemona e Maria Agresta sa
eccellere nella resa della canzone del Salice, ancor più nella preghiera alla
Madonna, tenendo così lungo e saldo il la filato da strappare al pubblico un
applauso a scena aperta ancor prima che potesse pronunciare “Amen”.
Carlos Alvarez ha la vocalità perfetta per interpretare
Jago e si prodiga in un fraseggio molto espressivo, sorretto da una
musicalità naturale piacevolissima. Forse è troppo elegante nella resa del
personaggio, che tutti vorrebbero vedere cattivo e velenoso, ma giustamente è
più realistico e credibile.
Molto buona, limpida e brillante, è la prova di Manuel Pierattelli
nel ruolo di Cassio, anche se sembra che la voce indietreggi
un poco dopo il passaggio. Andrebbe riascoltato in un cantabile ricco di acuti.
Notevole è anche l'Emilia di Valeria Sepe e sa
farsi notare anche il Montano di Claudio Ottino.
Adeguati il Roderigo di Naoyuki Okada e il
Lodovico di Seung Pil Choi.
Il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice diretto da
Gino Tanasini sa farsi notare. Lo stesso vale per il
Coro guidato da Pablo Assante, nonostante l'apertura
dell'opera non sia delle più eccellenti.
Un po' confusionaria è invece la direzione di Andrea Battistoni,
che sa portare l'Orchestra alla sua consueta precisione e pulizia di suono solo
in quarto atto, pur restando sempre povero di colori.
Ovazioni per tutti gli interpreti al termine dello spettacolo e grande plauso
all'Orchestra, che durante la seconda pausa delizia il pubblico con un medley
natalizio.
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